Sommario:
Il non riconoscersi cattolici non significa non essere credenti, e l’essere cattolico non significa necessariamente riconoscersi nella dottrina della Chiesa.
Sono inoltre sempre di più i giovani che non disdegnano di dirsi cattolici, ma che non hanno più alcuna esperienza dei riti cristiani, nemmeno saltuaria.
Se confrontiamo la ricerca degli Oratori Lombardi col Rapporto Giovani, i praticanti saltuari sono in drastica riduzione: dal 35% (2012) al 20% (2017).
Anche i «non praticanti» (che non prendono mai parte a funzioni religiose, pur definendosi credenti) resta invariata (dal 12,5% al 12,8%), mentre calano vistosamente i «praticanti saltuari» (dal 42,1 al 35%).
Perciò cerchiamo di capire chi siano i giovani protagonisti della vita liturgica: quantitativamente e qualitativamente ben diversi da quelli di una volta.
Così è il rito della messa e questi vasi di creta sono anche la debolezza che spesso fatica ad attrarre immediatamente le spiritualità del mondo giovanile.
Ma abbiamo bisogno, in questo tempo di crisi spirituale e comunitaria, di dar vita ad altre forme celebrative che dalla messa prendano il materiale e lo spirito.
La polarità comunità-singolo messa in luce con la risonanza litanica unita allo spostamento del corpo davanti al Crocifisso, ha fatto percepire la potenza rituale di quel momento.
Si è sottolineata l’importanza dell’esame di coscienza proposto dal presbitero, il silenzio per riflettere, come
pure l’incrocio degli sguardi nello scambio della pace e, infine, l’assoluzione che ha dato ai presenti il rinnovo del perdono battesimale, in vista della celebrazione della Pasqua.
Per educarci ad una sapiente regia abbiamo bisogno di poter espandere alcuni riti in momenti extra-liturgici.