La fede dei due ciechi

Professioni di fede

Figlio di Davide, abbi pietà di noi


Due ciechi e un muto: occhi che si aprono e lingua che parla. Prima del gesto Gesù
dialoga con loro:
Credete che io possa fare questo (aprirvi gli occhi)?”.
Sì, Signore” rispondono.
Sia fatto secondo la vostra fede”, e così succede.
Prima chiede ai due se credono e poi riconosce la loro fede.
Credere e aver fede. Perché queste due espressioni a prima vista perfettamente identiche?
Il verbo credere indica un movimento, un dinamismo: vuol dire affidarsi.
Dice il Concilio: “A Dio che si rivela è dovuta l’obbedienza della fede con cui l’uomo si abbandona a Dio tutt’intero e liberamente”.
È buttarsi fiduciosamente nelle braccia di qualcuno. Nessuno si abbandona ad un libro o ad
una dottrina, ma piuttosto nelle braccia di una persona.
Credere è un gesto di affidamento, sottolineato dalla preposi-zione ‘in’ (Credo in un
solo Dio… così come diciamo: credo in te).
Prima d’essere adesione a verità superiori
alle mie capacità di comprensione,
credere è gesto della mia libertà che si affida
a qualcuno, non a qualcosa.
Credere è aprire gli occhi per guardare negli occhi colui al quale mi affido. E la fede è fatta
dalle parole che descrivono il volto di questo uomo.
Gesù vincola la guarigione dei ciechi alla loro fede,
come a dire: ciò che voi chiedete si verificherà
solo se la vostra fede sarà cristallina.
A volte chiediamo a Dio di intervenire, guarire , aiutare in un momento di crisi affettiva; ma
spesso la nostra fede è fragile, un po’ opportunista, perché abbiamo bisogno...
Il Dio in cui crediamo è compassionevole, sa ciò di cui abbiamo bisogno: non è un despota,
ma un Padre che, a un figlio che gli chiede del pane, non gli dà certo una serpe!
Se Dio non ci esaudisce, è forse perché quello che per noi è un bisogno, non è la principale
cosa di cui c’è vera necessità. Ma forse Dio non ci esaudisce perché la nostra fede è piccola,
demotivata.
Il miracolo nel Vangelo è un segno che ci svela la presenza del Regno, un cartello indicatore
indirizzato verso un’altra dimensione.
Il rischio – già presente nel Vangelo – è di fermarsi al miracolo: “l’importante è che io sia
esaudito, poi chi mi esaudisce non importa...”.
Se apriamo lo sguardo, vediamo i tanti miracoli con cui Dio riempie le nostre giornate, la
bellezza, la generosità, la libertà che riempie il nostro cuore.
Il più grande dei miracoli è accorgersi del Dio che viene.
 

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