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Non c'è peggior sordo
Parole col cuore
Gesù compie tre gesti sul sordomuto e li rifà su di noi per toccarci, interpellarci, liberarci: sfiora le orecchie e le stappa dall'ostinazione, umidifica con la saliva le labbra screpolate dall’acidità, offre un soffio per smuovere dall’accartocciamento.
Questi gesti richiamano tre sfumature: udire, ascoltare, sentire. Si può udire una parola facendola entrare e uscire da noi: mi sfiora e scivola via o mi colpisce e ribalza. Se entra, va al cervello e viene gustata, perché interessa. Se poi anche scende nel profondo, come soffio fa vibrare il cuore e smuove il sentire, “sensazioni” o “sentimenti”.
Non sappiamo dialogare perché non vogliamo udire: solo prendiamo tempo per controbattere. È un investimento che insegna a pensare e pesare ciò che si ascolta e si dice. Le parole possono essere fiori o lame. Si incastrano nel cervello e a strapparle via ci si fa male. Anche solo per convenienza, sarebbe meglio rendere le nostre parole leggere, perché può succedere di doversele rimangiare.
Gesù poi fa tacere, per decantare dentro e sentire. Nelle discussioni dolorose puoi udire grida, ascoltare frasi che ti offendono o puoi provare a sentire il dolore nascosto di chi urla.
Un attimo di silenzio ribalta tutto e riapre la comprensione. Come cambierebbe se prima di reagire ci domandassimo se si è solo udito o ascoltato o sentito.
Chi sente davvero assomiglia alle parole che dice. Ho orecchie tappate, labbra acide, solo soffi sbuffanti?
Il Dio di Gesù assomiglia alle parole che dice. A Dio non interessa udire formule a memoria. Sta ad ascoltare ogni nostro brontolamento cercando dialoghi, pure quando parliamo di tutto e con tutti tranne che con lui. La sua priorità è sentirci, tanto da preoccuparsi: come ti senti? E lui, a differenza di tanti, aspetta attento la nostra risposta anche se sa che non arriva, perché distratti neanche ascoltiamo.
Chi non ti vuole sentire, non ti sente neanche se urli. Chi ti vuol capire, ti capisce anche se non parli. Perché quando si litiga si urla anche se si è vicini? Di fatto si percepisce una distanza da colmare. Al contrario due innamorati sussurrano perché si sentono uniti tanto che spesso non c’è bisogno di parlare. Per questo Dio non si ode, ma si sente: è sempre lì, a un soffio.        

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