Giovedì 17 aprile • Liturgia vigiliare vespertina “nella Cena del Signore”
La notte avvolge l’uomo con le sue tenebre. Ogni parola, ogni gesto vengono pervertiti dalla notte.
La notte trasforma parole di coraggio in parole di paura e di fuga, in parole che dicono chi siamo: siamo schiavi di quello che si dice, di quello che si vuole sentire dire, siamo schiavi di un pensiero univoco: questo è il male.
La notte trasforma gesti di affetto in gesti di tradimento: il bacio, il farmi carico della tua vita, diventa invece la consegna della vita innocente; il toccare la mano diventa il segno del violare e consegnare la sacralità della vita del fratello a coloro che non lo vogliono, non lo desiderano, lo detestano: questo è il male.
La notte è spazio per parole di disprezzo, per parole di odio, per calunniare il prossimo, per violentarlo, per lasciare spazio al desiderio di morte: anche questo è il male, il male odierno, il male di sempre che invita ad arrendersi, ad addormentarsi, a lasciarsi addormentare nell’inganno che questa è normalità, giustizia, verità in nome di Dio.
La notte spegne la nostra originalità, assuefa la nostra vita alla sterilità e alla banalità, trasforma il senso delle cose in perversione e follia, a non desiderare un passo in più, una nuova vocazione, un vita sempre viva e originale.
E’ nella notte che si eleva il grido: Alzatevi, andiamo! Nella notte del mondo e dell’uomo, c’è ancora qualcuno che grida, che alza la voce, contro questa banalità, contro la nostra arrendevolezza. E’ debole, fragile, segnato dalla paura e dal rifiuto, eppure è in piedi e non ha timore di dire queste parole.
Questo è il Figlio di Dio, Gesù: colui che nelle nostre notti continua a invitarci ad alzarci, a metterci in cammino. Per dove questo Dio così debole ci vuole guidare? Ad attraversare una porta, una porta che è stata aperta proprio quella notte di quasi duemila anni fa, una porta speciale: un pane spezzato e un calice condiviso. Questa è la porta aperta da Gesù quella notte, dove sembra regnare solo morte e sconfitta: la porta della sua vita che diventa nutrimento per noi. Nutrimento, cioè incoraggiamento a non lasciar mai vincere la delusione, la rabbia, la frustrazione, ma a saper lasciar spazio sempre a quella vita nuova che è la sua vita per noi, a lasciar risplendere in noi la bellezza di essere figli amati, cercati, voluti bene dal Figlio, da colui che si è donato tutto per noi. E in questo volerci bene, saper affrontare il male con la forza del silenzio, di quel silenzio che noi cerchiamo, di cui abbiamo bisogno per ritrovare noi stessi.
Nella sofferenza della Passione risplende la creatività di Dio, più moderna, più originale, più affascinate di ogni conquista umana e sociale. Forse perchè umana, forse perché è divina,… o forse perché è frutto di un desiderio di vita, di un desiderio che sa di vero amore che non accondiscende, ma che accompagna a ciò che è vero, a ciò che possiamo essere.
Ecco allora che la luce già in questa notte risplende: luce di vita, luce di salvezza, luce di e per amore per ogni uomo. Luce che risplende in un pezzetto di pane, in un calice di vino: gesti semplici, di comunione, che risanano l’alleanza tra Dio e l’uomo e in noi l’invito a essere noi un segno autentico di speranza in questo tempo. Questa è la porta del cielo di duemila anni fa… e noi saremo capaci di varcare questa soglia? Saremo capaci noi di essere porte aperte alla salvezza per tutti? A voi in questo tempo di preghiera la risposta della fede, speranza per chi oggi ancora vive nel buio della notte.