Domenica 22 dicembre 2024 • VI Domenica di Avvento
Anche in questi giorni si respira un’aria di rassegnazione, un’aria di delusione, un’aria di critica continua. Ognuno deve far valere la propria voce, anche con toni arroganti, ognuno deve imporre la sua idea sopra l’altro, ognuno insomma vuole dare “spazio di vita” al proprio io.
La liturgia di questa domenica sembra invece con il profeta Isaia invitarci a smetterla di mettere muri su muri, pietre su pietre, ci invita a smetterla di essere scontenti e polemici per cose veramente inutili. La liturgia ci invita a fare spazio all’agire di Dio, ci invita ad aprire gli occhi, a saper riconoscere Colui che viene. E come sarà Colui che viene? Sarà solo… sì solo, non riconosciuto dal suo popolo, non voluto dal suo popolo. Solo, ma con un desiderio: quello di dare tutto sé stesso, tutta la pienezza della sua divinità alla nostra povera e fragile umanità. Isaia sembra quindi esortarci ad accogliere il Figlio di Dio nella nostra umanità, a deporre ogni atteggiamento prepotente e superbo, ogni arroganza, perché anche noi rischiamo di essere coloro che non vivranno il Natale del Figlio, ma un giorno sterile e senza senso.
E allora chi sono gli uomini e le donne che accolgono il Figlio di Dio? Sono coloro che sognano come Dio. Sognano coscienti certamente della loro piccolezza, sognano ponendosi con umiltà in ascolto della Parola di vita, sognano di diventare loro stessi testimoni di una gioia autentica che non guarda al proprio interesse, ma punta sempre al cuore e al senso delle cose. E il cuore di ogni nostra azione, di ogni nostro cammino, non è un io solitario e triste, ma è un noi che si costruisce e che costruisce armonia e pace. Un noi che si rallegra attorno alla promessa più grande che viene consegnata alla più piccola delle donne del mondo, la giovane Maria: Gesù, Dio salva, viene ad abitare la nostra storia, viene ad assumere tutto quello che siamo, nelle gioie e nelle contraddizioni, per donarci la salvezza. E la salvezza è questa speranza: che tutti siamo chiamati, chiamati a vivere e a nutrirci del suo amore, della sua vita, di quella vita che strappa l’uomo dal male e lo chiama al cammino in salita della santità.
Chi sono gli uomini e le donne che accolgono il Figlio di Dio? Sono uomini e donne che non smettono con umiltà di sognare, che non smettono di sperare in un mondo giusto, vero, lieto, capace di costruire una vera e autentica fraternità umana. Sono gli uomini e le donne che si donano come il Figlio nella loro storia. Non la guardano lamentandosi, lagnandosi, piangendosi addosso. La leggono, invece, come il terreno dove vivere il fedele servizio del Verbo che si è fatto carne, la leggono donando tutto quello che hanno per amore del Vangelo e dell’umanità. Sono i piccoli del vangelo, coloro che come i bambini sanno ancora cosa è la meraviglia, sanno riconoscere lo straordinario nella piccolezza dell’ordinario. Sono questi che vivranno il Natale vero, il Natale della speranza, il Natale che accoglie la luce che vince le tenebre.
E noi quale Natale vivremo? Quello delle corse arroganti e insensate? O quello della vera umanità che si rallegra, perché nella piccolezza del Dio bambino ha contemplato la chiamata alla vera speranza e al vero senso di essere uomini? A noi la scelta per vivere un Natale e un anno nella fiamma viva della speranza che è Cristo Gesù.