Se sei a terra, rialzati

Su ali d'aquila

Domenica 1 dicembre 2024 • III Domenica di Avvento


Da sempre rischiamo di ammalarci di depressione. Quante situazioni brutte, ferite, delusioni possono attraversare le nostre vite. Quanti pregiudizi e precomprensioni rendono la nostra vite triste, ferita, ammalata, ripiegata su di sé.

L’avvento di questo anno, porta che si apre al Giubileo della speranza, ci invita ancor di più a credere che noi non siamo la negatività che da sempre colpisce l’uomo. Siamo sì uomini, siamo sì capaci di ferire e di essere feriti, ma siamo uomini che possono rialzarsi, imparando a fidarci, imparando cioè a credere in un aspetto che ci contraddistingue: siamo fatti per amare, siamo fatti per essere legami, relazioni, insomma per essere in comunione gli uni con gli altri. Ecco perché Gesù si rivela pienamente nella nostra umanità. Gesù si rivela per dire che tutti gli uomini, anche gli storpi, i ciechi, i muti, tutti quelli che noi definiamo “in disgrazia”, tutti, sono chiamati a questa comunione. Comunione umana, comunione fraterna, comunione che partecipa di quel legame tra Gesù e il Padre, nel dono dello Spirito, comunione che ci rende figli di Dio, comunione che ci chiama ad essere fratelli.

A tutti capita di avere una caduta nella vita, un inciampo. La comunità cristiana non deve essere il luogo del giudizio sterile, del giudizio che distingue buoni e cattivi. La comunità cristiana, invece, deve essere quella pietra d’angolo che crede in un mondo diverso, che crede nella forza della riconciliazione, nella forza di quel perdono che aiuta a crescere, a maturare, a cambiare, che non giudica la persona per l’errore commesso o la sua condizione sociale e umana, ma l’aiuta ad alzarsi. Questo è il senso delle orazioni di questa domenica: se Dio sempre è pronto a rialzarci, ad essere quel “grillo parlante” che richiama la nostra coscienza a dare una svolta alla vita e non ad abbattersi, perché noi non possiamo essere come Dio?

I pastori del presepe ci insegnano come Dio è un campione di meraviglia e di stupore, come Dio in una notte nel suo Figlio fatto uomo, bambino povero in una mangiatoia fredda, ha riscaldato il cuore a terra di questi uomini, giudicati per il mestiere che facevano, considerati impuri perché con il loro lavoro non rispettavano le norme della legge.

La Parola ci invita ad una apertura di cuore anche nel leggere la storia. Aprire il cuore all’uomo può far soffrire: ce lo racconta Paolo nel suo amore per il popolo di Israele che non accoglie il compimento della rivelazione di Dio in Gesù. Questo soffrire, però, rivela il cuore del discepolo che nelle righe della storia sa vedere la presenza di Dio, sa riconoscere la Parola che si fa carne e che interpella ciascuno di noi ad essere oggi discepolo di speranza, discepolo che comprende sempre più a quale strada il Signore chiama, anche quando l’ora o il tempo sembrano i più bui.

E allora: non rimanere a terra, alzati perchè il Signore viene, viene a rivelarsi ancora a noi come Dio della vita, Dio della Speranza, Dio che non smette mai di tendere la mano all’uomo e di chiamarci tutti a una vera e autentica fraternità, a quella comunione piena che si rivela nel suo Figlio Gesù, comunione che è chiamata a una vita autentica, a una vita fraterna, a quella vita che genera il popolo della pace, il popolo della speranza.
 

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