Domenica 24 novembre 2024 • II Domenica di Avvento
Non smettere di lottare. Sembra un invito strano quello che oggi Papa Francesco ci rivolge con la sua catechesi sull'”educare alla speranza” (20 settembre 2017). Siamo dentro un mondo che lotta, che ferisce, che uccide il fratello, siamo dentro un mondo ferito dalla violenza, dall’arroganza, dall’io prepotente che comanda e domina su tutti… e alla fine in questo contesto facciamo ammalare noi e Dio. Sì anche Dio si può ammalare per le false immagini che noi gli diamo: quella del castigatore, del giustiziere, del Signore che opprime la nostra libertà.
La Parola però di questa giornata sembra invece donarci una immagine di Dio che smentisce questo falso immaginario. Dio viene rappresentato come un Padre che si avvicina a noi, che desidera solamente il nostro bene. Mentre i padroni comandano e danno ordini, il Padre nel Figlio Gesù ci dona una buona notizia, il Vangelo, della vita: tu non sei il male che compi o subisci. Ci viene presentato dal vangelo di Marco un uomo povero e semplice, che però colpisce dritto al cuore per la sua semplicità. Colpisce non ferendo, ma esortando a guardare il volto del Padre attento alle nostre ferite, capace di ricordarci il dono che siamo davanti a suoi occhi, insomma un Dio che desidera donarci la guarigione da ciò che non siamo, un Dio che non ci considera schiavi o servi, ma Figli. E i figli si amano, gli si vuole bene… ma noi veramente vogliamo il vero bene dei nostri figli, dei nostri nipoti, del futuro delle nostre comunità?
Se guardiamo all’atteggiamento di Dio ci stupisce il suo desiderio di estendere a tutti, nessuno escluso, questo amore, questa attenzione singolare: la conversione del cuore parte da un prostrarsi di Dio verso la nostra umanità cattiva e ferita, un piegarsi verso le nostre debolezze, non per sottomettersi ad esse, ma per curarle, guarirle, amarle. E questo desiderio Dio ce l’ha per tutti, nessuno escluso. Dio non distingue cattivi e buono, Dio mette al centro l’amore, l’unica via di pace, l’unica via di salvezza. E nell’amore ci invita noi ad essere coraggiosi nell’essere uomini e donne di verità, uomini e donne che sanno dare un volto al bene e al male. Il Padre ci dona il Figlio Gesù perchè la salvezza passa da uno sguardo, uno sguardo che distingue il bene dal male, uno sguardo che punta solamente all’essenziale della verità, senza mettersi su piedistalli o cattedre.
Questa avventura dell’imparare a confessare e riconoscere quello che si muove dentro di noi non è impossibile. Ce lo ricorda Maria. Lei che certamente ha avuto paura di accogliere Gesù nella sua vita, non si è fermata alla paura, ma ha abbracciato la scelta di camminare, di mettersi in cammino verso la cugina Elisabetta, per comprendere sempre più la verità di quello che stava capitando a lei e a tutta l’umanità. A Maria chiediamo il coraggio della vita che sa fare verità, della vita che si affida, si abbandona all’amore misericordioso del Padre, della vita che sa guardare al vero bene di tutti, senza ripiegamenti interiori.