Domenica 30 giugno 2024 - VI Domenica dopo Pentecoste
Nel tempo delle ferite, nel tempo in cui si sente assente la presenza di Dio, nel tempo in cui sembra che il dolore, la sofferenza, il male la fanno da padrone, Dio rivela il suo nome. Lo rivela a un uomo ferito, Mosè, uomo che per lenire le sue ferite si è adagiato all’ascolto, all’attenzione dello suocero Ietro, senza però rileggere veramente la sua storia. Quando noi cerchiamo di allontanarci da quello che siamo, da quello che abbiamo vissuto, senza riappropriarcene, Dio si mette lungo la nostra strada, la nostra vita per rilanciare questa azione importante, perchè nulla di quello che noi siamo, nel bene e nel male vada perduto, perchè si riveli alla fine la verità profonda che deve animare la nostra esistenza: tu sei amato, anche nei tuoi errori, anche nelle tue ferite.
E’ in questa appropriazione della sua rivelazione che noi scopriamo chi è Dio. Dio è anzitutto legato alla nostra storia! Quante volte Adonhai ripete il suo legame con Abramo, Isacco e Giacobbe. In quel legame Dio ha manifestato la sua attenzione all’umanità intera attraverso un piccolo popolo insignificante, ha manifestato come la vera forza dell’uomo non è confidare meramente nelle proprie forze, ma invece imparare a fidarsi gli uni degli altri del dono che si è e si può essere.
Non solo. Dio si rivela a Mosè come colui che si mette in ascolto della storia dell’uomo. Non un ascolto invadente, quello che genera il pettegolezzo, ma l’ascolto che accompagna, che aiuta l’uomo a essere uomo (la fiamma non bruciava il roveto). E Dio interviene quando l’uomo è assalito dal male, dalla sofferenza, da ciò che può portare l’uomo a perdere i tratti della sua umanità autentica. Dio interviene, ci strappa dal rischio che la debolezza possa diventare un terreno infecondo per invece coltivarlo con la sua presenza che desidera che noi siamo vivi, che noi siamo veramente felici, capaci di portare il suo volto agli altri.
Dio è presenza quindi viva, presenza amica, presenza carica di misericordia, ma c’è di più. Dio è un mistero di amore, di quell’amore che rende feconda la vita. E’ l’amore di un padre e di una madre verso il figlio e viceversa, è l’amore coniugale e sponsale, è l’amore celibe che si traduce in amore per la gente. L’amore vero non pesa, non crea sofferenze e dissapori. L’amore vero, invece, genera sempre vita, è fecondo. Quando noi viviamo un amore così allora stiamo donando veramente il volto di Dio, il volto del Padre e del Figlio e di quell’amore che strappa il Figlio alla morte nella vita del Padre.
Cosa serve quindi a questo nostro tempo triste, arrabbiato, cupo sotto certi aspetti? Ci vuole un cuore che riscopra veramente il volto di Dio, che riscopra il volto di un Padre che ama i suoi figli nella verità, che li accompagna alla verità di quello che sono, di quello che possono essere, di quello possono testimoniare. Siete figli amati, testimoniate il mio volto, testimoniate la cosa più preziosa e vera che rende l’uomo veramente uomo: l’amore che non schiaccia, ma che dona e genera vita. Questo è l’unico amore, la vera legge che deve guidare i nostri passi, perchè siano passi di vita nella verità.