Servire la vita

Su ali d'aquila

Domenica 28 aprile 2024 - V Domenica di Pasqua


Il grande discorso che Gesù tiene nell’ultima cena giovannea si conclude con una preghiera. A prima vista questa preghiera sembra un intimo colloquio con il Padre, una consegna al Padre da parte di Gesù. Se però ci soffermiamo bene sulle parole che Gesù pronuncia davanti al Padre, ci accorgiamo che questa preghiera non è tanto un momento intimo di Gesù con il Padre, quanto una consegna rivolta a noi, una sorta di richiamo, di promemoria da vivere soprattutto nei tempi difficili. E il richiamo è questo: io ti ho consegnato al Padre. Gesù nell’atto della sua Pasqua consegna i discepoli di ieri e di oggi al Padre, lo invita a custodirli nel Suo Nome, perchè lui viene glorificato dal Padre suo. Non è il desiderio di fuggire quello che abita il cuore di Gesù, no anzi! Gesù non scappa dalla sua ora, ma la vive pienamente. E la pienezza della sua ora è quello di consegnare tutta la sua vita, il suo legame con il Padre a Lui passando dal male del mondo, perchè il mondo creda, apra il suo cuore alla vita piena che è Dio. E nell’aprire il suo cuore a Dio accolga il soffio di vita dello Spirito, quel soffio di vita che ci aiuta a riconoscere in Gesù ciò che continua a dare vita, ciò che aiuta a vivere.

Un dono dello Spirito è quello di aiutarci a fare memoria. Il ripercorrere da parte di Stefano la storia della salvezza, un po’ come fa Gesù con i discepoli di Emmaus, è una rilettura non storica, ma nello Spirito, di quel soffio che ci aiuta a riconoscere la presenza viva di Dio nella storia e di come questa presenza mai ha smesso di essere presente, nonostante la durezza e la resistenza dell’uomo.

E ancora è sempre lo Spirito, ci ricorda Paolo nella lettera ai Corinti, che ci richiama al valore di quello che abbiamo, a cominciare dalla vita. Tutta la vita è un dono ed è un dono il modo con la quale riceviamo la vita. E un dono il nostro essere come Dio l’ha pensato, è un dono la nostra natura sessuale, è un dono la vita che calcia nel tuo grembo. Il diritto non è mai contro un dono, ma tutela il dono, soprattutto quando questo non può dipendere dalle nostre logiche utilitaristiche, ma rimane dentro al mistero. Il frangente del mistero di Dio è già presente nel modo con la quale veniamo al mondo, non per una operazione scientifica, ma per un mistero, mistero di cui gradualmente comprendo la identità mia negli e con gli altri.

Lo Spirito soffia per invitarci a essere veramente uomini e donne della vita, uomini e donne che non guardano al criterio mercenario di questo tempo, ma guardano a custodire l’unità: l’unità dell’essere umano, l’unità di ciò che fonda e continua a fondare la nostra esistenza, l’unità che può derivare da un autentico ascolto dell’amore di Dio per l’uomo. Lo Spirito ci invita ad abbandonare i falsi idoli del tempo presente, ci invita invece a entrare dentro il rapporto singolare di Gesù con il Padre, immaginato dai profeti e compiuto nel figlio. Rapporto singolare che ci invita anche noi ad esserne parte, anche noi a essere come Gesù. Il canto dei preti del 1990 della nostra diocesi dice bene questo aspetto che mi piace sottolineare:

Davanti a questo mistero
come potrò ricambiare,
che cosa mai potrò fare?
PER AMORE DELL’UOMO, DI OGNI UOMO COME ME,
MI SON FATTO SILENZIO PER DIVENTARE COME TE.
PER AMORE TUO MI FARO’ SERVO D’OGNI UOMO CHE VIVE,
SERVO D’OGNI UOMO PER AMORE.

Come Gesù impariamo a servire la vita, non a trattarla come vogliamo noi. Come Gesù impariamo il suo silenzio, per ascoltare quella voce dello Spirito che sa aiutarci a vedere i riflessi del volto del Padre nel nostro agire e da lì ripartire con uno slancio che sappia riconoscere che la vita stessa, amata, donata e benedetta è Gesù e in Gesù il legame unico che noi in Lui viviamo con il Padre. Tu sei dono, perchè sei vita, e sei vita se la sai veramente custodire nel suo vero e autentico significato!
 

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