Domenica 17 marzo 2024 • V Domenica di Quaresima
Che cosa significano queste istruzioni, queste leggi e queste norme che il Signore, nostro Dio, vi ha dato? Perchè dobbiamo ascoltare queste parole? Così direbbe ancora oggi un bambino ebreo del tempo di Mosè. Perchè noi ascoltiamo dieci parole, perché ascoltiamo la legge? La risposta è molto profonda. Per custodire la memoria dell’agire di Dio, per non dimenticare che Dio è questo che ci ha liberato: il Dio della terra promessa, il Dio che ci invita a custodire la nostra storia, quello che siamo, la nostra originalità, non per non accogliere altri popoli, ma per custodire le nostre radici, il senso di quello che siamo. Se leggiamo così la legge, allora comprendiamo perché ancora oggi noi leggiamo questa prima lettura: per custodire quella ricerca del volto di Dio iniziata dal popolo dell’Antica alleanza. Ricerca del volto di Dio che a un certo punto si è fermata. Quando una ricerca, una avventura, una indagine si ferma? Quando si ha paura, quando vengono a mancare delle certezze. Ebbene nelle varie fasi della storia di Israele e nei turbinii della sua storia, la Legge alla fine è rimasta l’unica certezza, portando con sé un irrigidimento sul modo di leggerla e discernere i suoi contenuti. Ed ecco che anche la ricerca di Dio si fossilizza, si increspa dentro a precetti e norme morali.
E anche nella nostra storia di Chiesa abbiamo vissuto lo stesso stallo, per i diversi fatti storici che si sono concatenati… e quindi? in che tempo siamo oggi? Siamo a mio avviso nel tempo che richiama quella ricerca del volto di Dio che Gesù riapre alla storia e che continuamente nella storia della Chiesa il Signore ha riaperto, nonostante le sue infedeltà e errori.
Il vangelo ci mostra l’ultimo passo di Gesù verso Gerusalemme. Ultimo passo di rivelazione della sua identità. Di fronte alla notizia della morte di Lazzaro, Gesù indica come questa morte non è fine a sé stessa, ma per rivelare la sua gloria. Nella morte dell’amico, Gesù comprende l’ora della rivelazione del suo pieno volto: è il Dio della vita che non rimane indifferente alla morte. La vita che Gesù però dona passa dalla morte, dal nulla, dalla mancanza di fiducia che essa crea. Nel pianto delle due sorelle, nella loro disperazione, nelle domande della folla, alla fine anche Gesù partecipa di questa umanità, partecipa con anche le onde che ognuno di noi vive di “assenza di fede”. Partecipa, si commuove, ma non si ferma davanti al cattivo odore e alla pesantezza della morte. Gesù affronta la morte con quel grido “Vieni fuori!”. Grido che il Padre rivolgerà al Figlio nel giorno della sua risurrezione, grido che il Signore rivolge a ognuno di noi ogni volta che siamo disperati, tormentati, schiacciati dalla tristezza: vieni fuori! Un grido che invita a respirare la sua gioia, la sua speranza, a partecipare di quel suo sacerdozio, simboleggiato dalla veste bianca preziosa del crocifisso di S. Damiano, sacerdozio per la vita dell’uomo, perché l’uomo partecipi veramente della sua vocazione, quella della vita eterna!
Per questo Paolo esorta gli effesini a usare saggiamente il tempo, non per perdersi in dissipatezze e ubriacature, ma per continuamente vivere il prolungamento di quel donarsi di Cristo per noi, di quel rendimento di grazie che deve essere la cifra vera del nostro modo di essere cristiani animati dal suo spirito.
Il brano del vangelo si conclude con una scena di potere che tende alla morte e non alla vita. Una scena che ci invita a scegliere, che ci invita alla radicolite di chi vogliamo seguire. Se le logiche del potere sembrano risolvere i problemi momentaneamente, guardando soprattutto a meri interessi, la logica dell’amore di Dio desidera dire chi è in verità l’uomo: l’uomo è vita, speranza, testimonianza di autentica gioia. Questa è la grazia da invocare per questa settimana, che ci prepara a entrare nella settimana santa:
Signore fa me uno strumento della tua pace,
dove c’è disperazione e tristezza,
che io porti speranza e gioia,
sia testimone della tua Vita che si dona,
della tua vita che è amore,
del tuo volto, Signore,
l’unico che può donare pace a tutti noi.