Domenica 31 dicembre 2023 • Nell'Ottava del Natale
C’è una certezza che la Parola ribadisce in questa domenica dell’Ottava del Natale: in noi risplende l’impronta del Figlio Gesù. Che cosa vuol dire per Gesù essere figlio?
La figliolanza di Gesù è anzitutto esperienza generativa. Gesù è figlio dentro la relazione con il Padre e questa relazione diventa anche la nostra relazione umana e divina. Gesù stesso con il suo essere figlio ci ricorda l’importanza della paternità e della maternità, di quel legame sapiente che getta le radici della nostra identità. Legame di vita che è capace nella sua sostanza di dare e generare vita. La vita si genera sempre dentro un ordine: questa è la forza della creazione, la forza di quel legame che da una forma, da un ordine che strappa dalla confusione. Ci dobbiamo domandare allora perché nella storia (e anche oggi) viviamo in tante confusioni, dai sistemi politici alle relazioni, alla comprensione della nostra identità? Forse perché ci dimentichiamo che per crescere abbiamo sempre bisogno della esperienza della paternità, di quella paternità che accompagna, incoraggia, ma soprattutto aiuta a crescere, anche con dei sani no. Quanto siamo rispetto a fare i genitori, gli educatori,…? Questa è la prima provocazione che riceviamo dalla Parola: possiamo essere padri se ci ricordiamo la nostra esperienza di figli, non solo in famiglia, ma in quelle occasioni dove abbiamo ricevuto vita.
La figliolanza di Gesù è vivere un primato. Non è un primato di potere, ma un primato di amore. Gesù è pienezza di vita e di amore che non si trattiene per sé, che si spezza e dona vita dove c’è morte. La pienezza di Gesù è desiderio di riconciliazione, cioè di partecipazione piena a quella vita che desidera che la nostra esistenza sia strappata dal peccato e dalle sue deformazioni, per vivere la vita piena. Credere in Gesù non vuol dire solo vivere una buona vita di pratiche religiose, ma custodire il desiderio di vita per tutti i fratelli e le sorelle, nessuno escluso. Credere in Gesù non vuol dire essere uomini che classificano, che distinguono, ma che amano la radice profonda della vita di ogni uomo e in questo amore custodisce un desiderio di vita per ogni uomo e donna.
La figliolanza di Gesù è il dono della luce che ci invita vivere nella verità. Nonostante gli annunci e i segni, il popolo non ha saputo riconoscere la presenza di Dio nell’umanità. Come riconoscere questa presenza di fronte a tante tenebre, presenti ancora oggi? Il Vangelo ci da un doppio suggerimento. Il primo: ascoltare, saper cogliere nelle testimonianze di vita che incontriamo i segni della vita nuova, della vita chiamata a conversione. Il secondo: credere in Colui che desidera strapparci dalle tenebre del nostro io, delle nostre difficoltà e fragilità per lasciarci invece guidare… insomma avere fede, fiducia in Colui che rivela la gloria di Dio.
E quale è la gloria di Dio? Il suo sempre stare accanto all’uomo dando tutto se stesso, compreso il Figlio. Stare accanto perché la creazione continui a respirare dell’aria delle origini, che non è sopraffazione gli uni degli altri, ma è comunione. Nella nostra comunione, nella comunione con il creato si rivela la nostra comunione interiore con noi stessi e con il Signore, la luce che desidera non soffocare, ma accompagnarci ad essere il dono che siamo, figli nel Figlio Gesù, figli di Dio, fratelli tutti. Che questa luce risplenda sempre su di noi, perché il nostro agire non sia distruzione, ma sia quel giocare di Dio e con Dio che da sempre volto nuovo alle cose della terra e del cielo, alla nostra fraternità umana.