La gente: desiderio e speranza

Su ali d'aquila

Domenica 10 dicembre 2023 • V di Avvento


Tante sono le voci dell’umanità. C’è chi usa la sua voce per farsi sentire, per promettere e offrire una vita migliore a chi lo ascolta. C’è chi alza la voce per arrivare ad ottenere privilegi personali, c’è chi alza la voce per vendere il suo prodotto. C’è invece chi alza la voce per la disperazione. Qualcuno la alza in mezzo a grida e pianto, qualcun’altra invece tace e tiene tutto nel turbinio del cuore, fatto di sogni e di speranze che rischiano di diventare una prigione.

C’è chi ascolta la voce del suo cuore e compie passi di vita che da ordinari sono diventati straordinari ai giorni d’oggi: c’è chi si sposa, chi diventa genitore, nonno, nonna, c’è chi decide di abbracciare una vita consacrata. C’è però anche chi desidera avviare una strada nel suo cammino, una strada di vita nuova… ma il suo desiderio non è ascoltato perché soppiantato dall’arroganza di chi si dice essere padre o madre, e invece guarda alla meschinità delle sue comodità. C’è chi trasforma la sua debole voce in esperienze di viaggio pericolose e non sempre fortunate… e la sua voce viene etichettata come straniero, invasore, uomo pericoloso.

Potremmo andare avanti tutto il giorno a elencare le voci dell’umano, le voci della gente di ieri e di oggi. Nel segno del presepe è bello guardare alle diverse figure popolane che le diverse stare incarnano. Oltre al mestiere che praticano, però, è interessante guardare i loro volti, i loro occhi e domandarsi: cosa stanno guardando? Lo sguardo che incarnano sembra essere uno sguardo di attesa, di speranza, di desiderio di una vita nuova che cambi la propria vita. Ieri come oggi si vive lo stesso desiderio di Qualcuno che venga a donare una svolta alla nostra storia, alla nostra umanità.

Tra le tante figure del presepe ci sono i suonatori. Penso che uno di questi è proprio il Battista. La sua voce fuori dal coro dei sacerdoti, dei leviti e dei farisei ha toccato profondamente anche il cuore di coloro che dovevano preparare il cuore della gente a riconoscere il messia. Invece la novità Dio la fa passare da un uomo vestito con poveri stracci di cammello, che mangia miele e locuste, e che versa l’acqua del fiume Giordano sul capo di ciascuno, quasi a vivere un nuovo passaggio, come ai tempi di Giosuè, quando il popolo per la prima volta attraverso il Giordano. C’è un nuovo passaggio da vivere e Giovanni è colui che viene inviato a spianare la strada, a rendere diritti i sentieri, a confidare nella novità di pace che Colui che verrà porterà. Le novità di Dio non sono segni eclatanti: Giovanni prepara la via a uno che è in mezzo alla gente, che in mezzo all’attesa di tutti. Anche Costui attende: che cosa attende il messia, colui che deve venire? Attende cuori che imparino a vivere il silenzio, che sanno placare il tumulto emotivo dei loro cuori inquieti e disorientati, perché possano accogliere il seme e lasciar crescere un nuovo virgulto, perché possano lasciare spazio alla speranza di vedere la fine di ogni contrapposizione e contrasto, perché confidino in un uomo che non sta dentro le genealogie della storia, ma viene come intercessore nel terreno delle nostre povertà.

Le voci si placano per accogliere la voce della Parola che nel silenzio desidera crescere e fruttificare in noi, perché non si perda la speranza e l’attesa straordinaria diventi un ordinario straordinario perché nei suoi segni, nelle parole e nelle azioni sperimento il cuore di una umanità che ha lasciato spazio a Dio, che ha lasciato spazio al suo agire. E noi vogliamo essere il segno di una umanità nuova, il segno di una umanità che vuole lasciare spazio alla speranza vera? è da questo desiderio che sgorga la veridicità del Natale, è da questo desiderio che potremo accogliere nel quotidiano la Parola che genera vita, che genera il nostro cammino, che genera il volto autentico di una umanità con il cuore di Cristo.
 

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