Mons. Giampaolo Crepaldi
Il motto episcopale dell’Arcivescovo Crepaldi è tratto dalla Lettera di San Giacomo, laddove l’Apostolo, nel proclamare le caratteristiche della Sapienza, afferma che “il frutto della giustizia è seminato nella pace per coloro che fanno opera di pace” (3,18). È chiaro e significativo il riferimento al servizio di Segretario del Consiglio “Iustitia et pax”.
L’ornamento esterno dello stemma è la croce. Il rosso è il colore dell’amore e del sangue: l’amore assoluto del Padre che invia il Figlio a versare il proprio sangue per noi; l’oro identifica la prima Virtù, la Fede.
La stella è simbolo di Maria, nostra Madre celeste, alla cui materna protezione il Vescovo affida il suo ministero. La rosa si riferisce alla sua città di origine, Rovigo, la “Città delle Rose”; infatti il nome latino della città, Rodigium, deriva dal greco rhòdon, ossia rosa.
L’alabarda d’argento è il simbolo di Trieste ed è conosciuta come “alabarda di San Sergio”; infatti la tradizione narra che San Sergio, copatrono di Trieste assieme a San Giusto, prestasse servizio in gioventù come ufficiale al servizio dell’imperatore Diocleziano. Convertitosi al Cristianesimo, in prossimità del suo trasferimento in Siria e presagendo il suo prossimo martirio per aver abbracciato la nuova fede, promise ai triestini un segno che testimoniasse la sua morte imminente; dopo breve tempo, in concomitanza con la sua decapitazione, nella piazza centrale di Trieste cadde improvvisamente dal cielo una alabarda che venne gelosamente custodita dalla popolazione tergestina.
Attualmente, tale prodigioso reperto, è tuttora conservato nel tesoro della Cattedrale di San Giusto e si dice che il ferro in cui è forgiata non arrugginisce mai e non tiene la doratura con cui più volte in passato si è tentato di ricoprirla.
Rivolgendosi ai sacerdoti e fedeli della sua nuova diocesi, il vescovo eletto ha dichiarato: «Spero di essere all’altezza delle grandi tradizioni ecclesiali, sociali e culturali della città di Trieste. Per me questa nomina rappresenta un ritorno nel Triveneto. Confido molto nella preghiera di tutta questa comunità cristiana, e nel dialogo che intendo instaurare con le autorità comunali, provinciali e regionali. Una collaborazione che sarà da allargare anche alle altre chiese e comunità ecclesiali, con i fratelli ebrei e con tutti coloro che professano la fede in Dio. Ma c’è un aspetto che mi preme trasmettere: coloro che soffrono e hanno perso il gusto della vita saranno tutti privilegiati e troveranno nel vescovo un interlocutore sempre pronto. La mia prima preoccupazione va a coloro che hanno la vita gravata da sofferenze morali, spirituali e materiali. Col mio servizio in nome del Vangelo di Gesù tutti assieme sapremo scrivere delle pagine belle, serene e feconde».
Con la guida di questo Pastore Trieste è stata e sarà un laboratorio di incontro tra culture ed etnie diverse, tutte concordi a costruire quell’ordo amoris di cui parlava Sant’Agostino. Il fondamento di una convivenza civile e fruttuosa.