Luca 9,57-62
1. Abramo e Gesù, uomini della strada
Questa domenica possiamo chiamarla domenica della strada o del cammino.
Abramo e Gesù, protagonisti dei tre testi che ci sono oggi proposti sono entrambi in cammino.
La prima parola che Dio rivolge ad Abramo è un comando: “Parti dalla tua terra e va’…”
“E Abramo partì senza sapere dove andava”.
Abramo, nostro padre nella fede è un grande camminatore, la sua fede è una fede nomade.
Credere, cioè affidarsi a Dio, vuol dire mettersi in cammino, correre il rischio
di mettersi in strada, non rimanere tranquillamente installati nelle proprie sicurezze.
Una fede che è un principio di inquietudine. Quante volte invece noi associamo la fede
alla tranquilla sicurezza di chi dispone di risposte per tutti i grandi enigmi dell’esistenza.
Abramo vive la sua fede, il suo affidarsi perdutamente a Dio che lo chiama, come ricerca insonne.
Anche Gesù ci è presentato nella prima riga del Vangelo odierno in cammino verso Gerusalemme.
Luca lo dice con un'espressione singolarmente intensa: “Indurì il suo volto per andare verso...”;
in altre parole prese la ferma decisione, che segna il suo volto, concentrato sulla sua missione.
2. I tre incontri
Sulla strada vi sono tre incontri che fissano le condizioni per essere con Gesù, per essere suoi discepoli
cioè veri camminatori, con lui e come lui uomini della strada.
La prima condizione è non essere uomini del nido e della tana. O non essere uomini del grembo
caldo e rassicurante. Conosciamo bene la voglia di volgerci indietro quando dobbiamo affrontare
situazioni nuove, inedite, potenzialmente ostili o comunque ignote. Per volare bisogna lasciare
la sicurezza del nido. Gesù ci invita a guardare avanti risolutamente senza nostalgie regressive.
Al secondo interlocutore, Gesù sembra chiedere qualche cosa che urta la nostra sensibilità.
Chiede d’essere libero non solo e non tanto dal legame filiale, ma da quel complesso di abitudini
e tradizioni che trasmesse appunto di padre in figlio possono rappresentare un legame paralizzante.
Assistere il padre nel momento della morte, come vuole il secondo interlocutore di Gesù, comportava
anche assicurarsi l’eredità paterna. Questo possibile discepolo è disposto a seguire il Maestro
ma senza perdere le sicurezze, le garanzie materiali offerte dal proprio passato.
Gesù, invece, vuole i suoi discepoli con le mani e le tasche vuote.
E infine il terzo interlocutore vorrebbe volgersi indietro al complesso di legami, esperienze
che costituiscono il suo passato, la sua casa. “Lascia che mi congedi da quelli di casa mia”.
Di nuovo il Vangelo chiede di guardare avanti, di non attardarsi nella nostalgia della propria storia,
facendo del domani la ripetizione del già visto, del già vissuto.
3. Il coraggio di cercare l'altro
Possiamo raccogliere il triplice appello evangelico in una sola parola: l’Altro, l’Alterità,
avere il coraggio di cercare e guardare l’altro. Un’esperienza oggi sempre più diffusa
per la crescente presenza tra noi di “altri”, ma un'esperienza spesso sorgente di disagio e paura.
Di fronte alla crescente presenza in mezzo a noi di “altri”, “diversi”, “sconosciuti”, è facile
la tentazione di rinchiudersi nel nido o nella tana di una identità rassicurante, ereditata dal passato.
A causa di tante diverse alterità, abbiamo paura di smarrire la nostra identità.
Aprirsi all’altro vuol dire uscire da sé, l’altro come libertà dalla cura ossessiva per se stessi,
il proprio mondo, le proprie cose per correre la grande avventura dell’incontro.
Non dimentichiamo che la prima qualifica dei discepoli di Gesù è stata:
uomini della via, della strada. Non dottrina, non istituzione, non organizzazione, ma via, strada.
Con Abramo e con Gesù: buona strada, verso l’altro.