Mons. Giovanni Giudici
Il motto scelto da Mons. Giudici quando fu fatto vescovo presenta un’’Anfora che versa l’inebriante bevanda delle nozze di Cana, servita al banchetto dell’uomo secondo il comando del Signore.
Le altre figure presenti nello scudo si prestano a molteplici letture, favorite dal motto che ripete una esortazione di Gesù ai servi, dopo che Maria, che si era accorta dell’emergenza, aveva chiesto loro: “Fate quello che lui vi dirà” (Gv 2,8): «Haurite nunc et ferte» - “Attingete e portate”.
Il braccio destro nell’atto di attingere (o anche di versare) l’elemento posto in basso, ossia l’acqua (indicata dalle linee ondeggianti d’argento) è simbolo del ministero episcopale (il vestito rosso richiama l’abito del vescovo), che attinge i doni della grazia celeste e li distribuisce al gregge a lui affidato, soddisfacendone la sete spirituale.
Le tre stelle d’argento, nella parte alta dello scudo, significano la divinità, la Trinità, ma anche la virtù, la perfezione; rappresentano pure l’armonia e la bellezza delle leggi celesti, che governano gli astri in ordine mirabile, e quindi richiamano le leggi stabilite da Dio, la sua volontà, che è guida sicura come lo sono le stelle per i naviganti. Le stelle sono del medesimo colore dell’acqua sottostante (che ha dunque significato spirituale), per indicare che questa linfa vitale ha una origine celeste.
Il messaggio rappresentato dallo scudo è dunque programmatico: il vescovo vuole essere fedele servo del Signore dal quale attinge i doni di grazia e, eseguendo il suo mandato, li comunica ai fedeli.
Il colore del campo, l’azzurro, richiama il cielo ed è simbolo di santità, elevazione, serenità della vita, e per questo contribuisce a dare allo scudo una valenza di messaggio di pace, rappresentato dal semplice gesto del braccio, un atto di umile servizio; dalle stelle che richiamano la silenziosa armonia celeste; e dall’acqua, umile ma tanto necessaria alla vita.
Significative a tale proposito le parole rivolte dal Vescovo quando fece il suo ingresso solenne in diocesi l’11 gennaio 2004: “Carissimi fedeli della Diocesi di Pavia, con stupore e gratitudine ho accolto la decisione del Santo Padre di volermi Vostro Pastore. Sento che mi è affidato un compito grande e affascinante: continuare in mezzo a voi la testimonianza al Signore Gesù e al Suo Vangelo che è stata vissuta nei secoli da grandi Vescovi e che in questi ultimi anni è stata esercitata con encomiabile competenza e fedeltà da Mons. Giovanni Volta. A lui anzitutto giunga il mio saluto fraterno e la riconoscenza più viva. Estendo il mio saluto ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, alle comunità parrocchiali della Diocesi e a tutte le componenti della società civile della Città di Pavia e del territorio compreso nella Diocesi pavese. A loro desidero dire che vengo come vescovo e come uomo credente che desidera condividere tutto ciò che costruisce condizioni per una vita buona e sempre più degna della persona”.