Giovanni 14,21-24
1. Chi ama, ascolta, cioè osserva la parola...
Gesù congiunge l’amore per Lui con l’ascolto-accoglienza di lui, Verbo di Dio:
“Se qualcuno mi ama, osserverà la mia parola”.
Amore per il Signore Gesù e custodia della sua parola sono un unico dinamismo.
Ascoltare, custodire, mettere in pratica la parola equivale ad amare Gesù.
Altre volte Gesù ha stabilito una chiara identificazione tra la sua persona e le sue parole:
“Chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo la salverà.
Chi si vergognerà di me e delle mie parole… anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui”.
In queste due affermazioni c'è una piena identificazione tra la persona di Gesù e il suo vangelo.
Si comprende allora nella pagina di oggi il legame profondo
tra osservanza delle sue parole e amore per la persona di Gesù.
E infatti Maria, la madre di Gesù che certamente amava di un amore unico il suo Figlio,
“custodiva e meditava nel suo cuore la parola”.
E la consegna che ella dà a tutti noi discepoli del suo Figlio è: “Fate quello che il mio Figlio vi dirà”;
cioè siate ascoltatori e operatori delle parole del mio Figlio.
Questo legame tra amore e ascolto della parola vale anche per l’esperienza dell’amore umano.
L’amore non è solo esperienza carica di emozione, di intenso sentimento:
l’amore si nutre dell’ascolto dell’altro
ed è confermato dall'agire che traduce concretamente tale ascolto.
2. ... e diventa abitazione di Dio
Gesù promette di prendere casa nel discepolo.
Quindi ognuno di noi, se ascolta e realizza le sue parole, diviene abitazione di Dio.
Ma davvero Dio può abitare sulla terra?
E’ singolare l’interrogativo che Salomone esprime proprio nel momento in cui,
compiuta la stupenda costruzione del Tempio a Gerusalemme, lo dedica a Dio:
“Ma veramente Dio abita sulla terra?
I cieli dei cieli non ti possono contenere,
quanto meno lo potrà questo tempio che ho costruito”.
Tra le emozioni più forti che la visita a Gerusalemme riserva
vi è certamente la sosta presso quanto resta dell’antico Tempio,
quel cosiddetto ‘Muro del pianto’, reliquia di pietra della dimora di Dio.
Ma già i profeti annunciavano che la dimora di Dio non sarebbe stata più un edificio
per quanto magnifico, ma il popolo stesso, la comunità dei credenti:
“La mia dimora sarà presso di loro, sarò il loro Dio ed essi il mio popolo” (Ez 37,26).
E noi sappiamo che questo abitare di Dio in mezzo a noi si realizzerà nel grembo di una donna,
Maria di Nazareth: l’umanità di Gesù.
Quante volte Gesù entrerà nelle case e vi sosterà:
casa di Nazareth dove trascorre lunghi anni sottomesso a Maria e Giuseppe;
casa di Betania accolto da Marta, Maria e Lazzaro;
casa di Pietro a Cafarnao, casa di Zaccheo a Gerico: “Oggi devo fermarmi a casa tua”.
E infine casa di Emmaus, dove il gesto di spezzare il pane manifesta la presenza del Signore.
La prima comunità si raccoglierà nelle case (At2,46) per ripetere la frazione del pane,
il gesto che manifestava la presenza del Signore.
La vera abitazione non sarà neppure una casa ma, come ci dice il vangelo di oggi:
ogni persona che accoglie le Parole del Signore e le vive diviene la sua abitazione.
E Paolo affermerà che ormai i nostri corpi sono il Tempio di Dio, la sua dimora (1Cor 6,19).