Giovanni 4,46-54
1. La prova della fede
Dopo la presentazione di un giudeo (Nicodemo) e di una eretica (la Samaritana)
come candidati alla fede, è ora la volta di un pagano, l’ufficiale regio.
Gesù mette alla prova la sua prontezza nel “credere alla Parola”:
l’uomo si mette completamente nelle sue mani. E avviene il miracolo.
È interessante notare il comportamento del Signore nei riguardi di questo pagano: prima sembra
quasi rimproverarlo, poi gli chiede di avere fede in una semplice parola,
pur capace di guarire suo figlio da lontano. Infine, dopo il miracolo, quel “credere” si fa completo.
Se c'è quasi una resistenza da parte di Gesù a compiere la guarigione che gli viene domandata:
(“Se non vedete segni e prodigi voi non credete”)
sembra che Gesù non voglia legare la fede nella sua persona a gesti di potenza. Ma perché?
Non vuole esser acclamato come un operatore di prodigi o cercato per i vantaggi da ricavare.
Chiama a seguirlo chi è disposto a fidarsi di lui, della sua parola, pronto a servire e dare la propria
vita, come Lui. Solo l’insistenza del padre, disperato, ottiene la parola che restituisce speranza.
2. La maturazione della fede
Questo funzionario che probabilmente non appartiene al popolo di Abramo, ma ne ha la fede,
si mette sulla via del ritorno a casa. Con i servi che gli vanno incontro per annunciargli che il figlio
era sfebbrato, questo funzionario vuole accertarsi della reale efficacia della parola di Gesù.
La febbre aveva cominciato a lasciare il fanciullo proprio nel momento in cui Gesù
aveva pronunciato la parola di speranza: “Tuo figlio vive!”. Allora la guarigione è davvero opera
della parola del Signore e non semplicemente di un felice decorso della malattia.
Credendo alla parola di Gesù il funzionario regio si è incamminato verso casa e in quel momento,
a distanza, la parola di Gesù ha operato la guarigione. Proprio in quel momento.
Davvero la parola del Signore è più che parola, è forza, è dinamismo, è energia.
Come nel primo giorno del mondo quando Dio disse e la luce fu e con la luce l’intero cosmo.
Dall’inizio del suo vangelo, Giovanni non fa altro che sottolineare il viaggio della fede:
da una fede incerta, confusa, suggestionata dai prodigi,
ad una fede sincera che si appoggia alla Parola per arrivare alla fede matura.
Il compimento di questo viaggio lo avremo nella beatitudine della fede, quando Gesù risorto
si mostra all’apostolo Tommaso e gli dice “beati colo coloro che crederanno, senza aver visto”.
Naturalmente ognuno di noi si può già interrogare sul proprio cammino di fede.
3. La proposta della fede
Ma il testo ci offre anche un altro messaggio decisivo: il vangelo deve giungere ad ogni uomo.
Eleggendo un pagano a candidato alla fede, Gesù non fa entrare solo una categoria di persone
nel cammino della fede, ma tutti gli uomini. Infatti, come dice san Paolo,
in Gesù non c’è più né giudeo né greco, perché a tutti è offerta la salvezza.
Ora i giudei erano coloro che avevano ricevuto la chiamata e la conoscenza di Dio,
mentre i pagani non ancora. Quindi nelle due categorie di giudeo e greco, cioè pagano,
ci stanno tutti gli uomini, quelli che conoscevano il vero Dio e quelli che non lo conoscevano.
Anche qui possiamo interrogarci sul nostro desiderio di comunicare a tutti il vangelo di Gesù,
sapendo che esso è via per la salvezza di ogni uomo.
Forse siamo acquietati sul dato di fatto che molti non conosco il Signore
e noi diciamo: che ci posso fare? In realtà l’amore per il Cristo, e la riconoscenza per la gioia
che Egli genera in noi, dovrebbe spingerci ad un annuncio più convinto e attivo del vangelo.