Saldi in Cristo Gesù

Su ali d'aquila

In memoria di Benedetto XVI


L’Epifania tutte le feste porta via. Così dice un famoso detto. La Parola di questa sera, però, sembra invece darci un messaggio che supera i detti dei nostri avi e ogni lettura che diamo a questa festa. Se da una parte l’Epifania è vero richiama l’avvicinarsi della conclusione del tempo del Natale, dall’altra la solennità che stiamo celebrando ci porta a dire che non abbiamo più bisogno di un tempo di sosta come quello del Natale. Non ne abbiamo più bisogno perché la nostra festa non è un tempo particolare, un giorno particolare. La nostra festa è invece un incontro che cambia la vita, come ricordava Benedetto XVI, un incontro con una persona che è la nostra festa quotidiana: Gesù Cristo!

Lui diventa la festa del quotidiano, la festa che dice all’uomo chi è. La Parola di questa serata sembra lontana dalle letture solite dell’epifania, in particolare da quella della vista dei Magi. Che strada invece sembra suggerirci la Parola di stasera? L’Epifania è la rivelazione di Cristo alle genti, rivelazione che non si chiude dentro un semplice episodio dell’infanzia, ma che continua nella vita intera di Gesù. La sua vita e il principio del suo ministero ci racconta e ci narra già la sua identità, quasi a prepararci al compimento di essa nel mistero della Pasqua. Stasera siamo chiamati a chinarci su Cristo come i Magi, a guardarlo come Giovanni il Battista, come gli invitati delle nozze di Cana, come la folla che aveva fame quel giorno mentre lo seguiva. Siamo chiamati a fermarci per contemplare chi è costui. Gesù non è semplicemente un uomo della storia (e le attestazioni storiche ci sono della sua esistenza), ma la Parola ci indica come in Lui si compie ogni Scrittura. Come la Stella, anche la sua persona cresce donando una luce nuova a chi attendeva un futuro di speranza per Israele. La sua luce tocca il quotidiano del suo popolo, tocca coloro che venivano esclusi e visti male per la loro condizione di vita, tocca coloro che desiderano un nuovo nutrimento per la loro esistenza, non solo di pane. La scintilla che scatta nel cuore di chi vive l’incontro con Cristo è la scintilla del desiderio di ascoltarlo e di seguirlo, è la scintilla di chi desidera nella vita una novità e non si accontenta di quello che già ha!

Il battesimo del Giordano diventa quindi non semplicemente la prima rivelazione della sua identità, ma diventa per noi un invito alla sequela. Il Padre ha tanto amato il mondo da dare la cosa più preziosa della sua vita e della sua Persona, il Figlio: e noi cosa vogliamo fare? Nello scendere nelle profondità melmose del Giordano e nel risalire, Gesù rivela la nostra identità di uomini chiamati a non stare arroccati in una condizione di morte e schiavitù, ma invece di uomini che possono uscire, riemergere in una novità di vita piena, in una vita che può dire con speranza chi è la gente di questo tempo. La gente di questo tempo è gente che desidera ancora oggi la salvezza, è gente che desidera il vero bene, è gente che desidera vivere un quotidiano che sia segnato da quell’incontro con cristo che rende la nostra vita il banchetto gioioso della festa e della testimonianza. Questo è il fondamento della gioia e della testimonianza cristiana: accogliere quella festa del quotidiano che è Cristo.

E questa accoglienza è una accoglienza che lunga quanto la nostra vita in Terra, fino al passaggio della morte nella vita nuova. Ce lo ha ricordato Benedetto XVI nel Family Day di Milano del giugno 2012 quando disse Se cerco di immaginare come sarà il Paradiso, penso alla mia giovinezza e alla mia infanzia. In questo contesto di fiducia, gioia e amore eravamo felici, e quindi spero di andare a casa verso l’altra parte del mondo. E ancora in una lettera dello scorso febbraio lo stesso Benedetto XVI scriveva:

«Ben presto mi troverò di fronte al giudice ultimo della mia vita. Anche se nel guardare indietro alla mia lunga vita posso avere tanto motivo di spavento e paura, sono comunque con l’animo lieto perché confido fermamente che il Signore non è solo il giudice giusto, ma al contempo l’amico e il fratello che ha già patito egli stesso le mie insufficienze e perciò, in quanto giudice, è al contempo mio avvocato (Paraclito). In vista dell’ora del giudizio mi diviene così chiara la grazia dell’essere cristiano. L’essere cristiano mi dona la conoscenza, di più, l’amicizia con il giudice della mia vita e mi consente di attraversare con fiducia la porta oscura della morte. In proposito mi ritorna di continuo in mente quello che Giovanni racconta all’inizio dell’Apocalisse: egli vede il Figlio dell’uomo in tutta la sua grandezza e cade ai suoi piedi come morto. Ma Egli, posando su di lui la destra, gli dice: “Non temere! Sono io…” (cfr. Ap 1,12-17).

Cari amici, con questi sentimenti vi benedico tutti.

Vivere l’accoglienza di Cristo nella nostra vita, la festa che è il suo Mistero, vuol dire accogliere quotidianamente la pienezza della sua Persona che si rivela nella Pasqua. Ecco perché ci incamminiamo verso la Pasqua con questa sera: per scoprire come l’amore che abbiamo celebrato in questi giorni non viene mai a meno, nemmeno nell’ultimo incontro decisivo della vita.

Sentiamoci accompagnati dalla forza dello Spirito, dalla testimonianza paterna di Papa Benedetto e dei testimoni che la Chiesa ha conosciuto, dalla speranza che è in ognuno di noi e che non deve venire mai a meno, saldi in Cristo Gesù!
 

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