Card. Albino Luciani
Bellunese di Canale d’Agordo, come motto episcopale, da vescovo di Vittorio Veneto, scelse “Humilitas”, lui che era diventato “tutto rosso” in viso, raccontava, quando sei anni prima di diventare il successore del beato Paolo VI, Papa Montini, in piazza San Marco, gli aveva messo sulle spalle la sua stola pontificale.
Fu proprio Benedetto XVI, ricordando durante l’Angelus il 30esimo anniversario della morte di Albino Luciani, a dire che quella sola parola “sintetizza l’essenziale della vita cristiana e indica l’indispensabile virtù di chi, nella Chiesa, è chiamato al servizio dell’autorità. L’umiltà può essere considerata il suo testamento spirituale.
Grazie proprio a questa sua virtù, bastarono 33 giorni perché Papa Luciani entrasse nel cuore della gente. Nei discorsi usava esempi tratti da fatti di vita concreta, dai suoi ricordi di famiglia e dalla saggezza popolare. Facciamo tesoro del suo esempio, impegnandoci a coltivare la sua stessa umiltà, che lo rese capace di parlare a tutti, specialmente ai piccoli e ai cosiddetti lontani”
Altri vescovi hanno operato la stessa scelta: per noi ambrosiani va menzionato l’Arcivescovo S. Carlo Borromeo, compatrono della diocesi.
“In una delle quattro Udienze generali tenute nel suo brevissimo pontificato – ha poi aggiunto, citando le parole di Giovanni Paolo I – disse, col suo tipico tono familiare: ‘Mi limito a raccomandare una virtù, tanto cara al Signore, che ha detto: 'imparate da me che sono mite e umile di cuore’ … Anche se avete fatto delle grandi
cose, dite: ‘siamo servi inutili’. E osservò: ‘Invece la tendenza, in noi tutti, è piuttosto al contrario: mettersi in mostra’ (Insegnamenti di Giovanni Paolo I).
L’umiltà può essere considerata il suo testamento spirituale. Grazie proprio a questa sua virtù, bastarono 33 giorni perché Papa Luciani entrasse nel cuore della gente”. La presenza nello stemma del «capo patriarcale di San Marco» ricorda - come per S. Pio X e Giovanni XXIII - il periodo in cui il cardinale Luciani era patriarca di Venezia. Si tratta di una trasposizione del celebre emblema della Serenissima Repubblica. Il leone è l’animale simbolico dell’evangelista Marco, il quale, durante le sue peregrinazioni apostoliche, avrebbe soggiornato in un’isola della laguna ed ivi avuto la visione di un angelo che lo salutò da parte del Signore colle parole : «La pace sia con te, Marco, mio evangelista».
Le tre stelle in campo azzurro, che costituiscono tuttora la parte centrale dello stemma, illustrano il concetto della luce, incluso nel cognome Luciani. Le montagne, sparite dal «capo» per lasciare il posto al leone di Venezia, si sono trasferite in «punta», assumendo la stessa forma araldica usata da Papa Paolo VI. Si può dire quindi che come Giovanni Paolo I ha unito nel proprio nome quello dei suoi due immediati predecessori, cosi il suo stemma ha assunto qualcosa dell’uno e dell’altro: il «capo di San Marco» ad imitazione di Giovanni XXIII e i «monti Card. Albino Luciani – Papa Giovanni Paolo I all’italiana» a somiglianza di Paolo VI.