Verso il nuovo altare
La cultura architettonica ci ha tramandato il sapere e la sensibilità necessaria a capire l'operato e le decisioni maturate in epoche a noi lontane e delle quali non sempre ci restano documenti consultabili, rappresentati da disegni o ancora più raramente da dipinti o da fotografie. Il nostro primo impegno è stato infatti quello di capire, attraverso il costruito, anche le persone che lo hanno voluto e realizzato. Una difficoltà abbastanza seria è rappresentata dal fatto di non rendersi pienamente conto che in questo luogo si è espressa un’intera chiesa locale, fatta di fedeli singoli influenzati nel loro operare dalla Chiesa Universale e questo - ininterrottamente e a pieno ritmo - fino ad oggi.
D’altra parte, non possiamo nemmeno pensare al nostro, come ad un semplice maquillage, perché il nostro lavoro deve impegnarci a proporre innanzitutto i concreti riferimenti al Concilio Vaticano II. Più importante ancora sarà che il nostro intervento possa aiutarci ad indirizzare, per quanto possibile, il nuovo sentire, così come fu per lo stile barocco nell'immediato periodo seguito al Concilio di Trento. La chiesa di S. Stefano, più di altri luoghi di culto, si presta bene a questa riflessione, essendo stata oggetto dell'ampliamento seicentesco proprio ispirato dalle precise indicazioni date all'architetto Tibaldi da S. Carlo Borromeo, la cui importanza decisiva per la chiesa plebana di Appiano resta indubbia. Basta rendersi conto del fatto che fu durante la sessione del Concilio da lui voluta nel 1562 che molte riforme inerenti alla chiesa e alla stessa liturgia eucaristica furono promulgate.
Prendiamo atto anche delle riflessioni di questi anni post-conciliari che nella Chiesa di S. Stefano hanno portato alla occupazione di una porzione del transetto ampliandovi, se pur provvisoriamente, il presbiterio. Il luogo è decisamente importante potendo usufruire della presenza luminosa della cupola del Salvioni, luogo di luce e confluenza geometrica delle linee ordinatrici principali della chiesa. Nella nostra proposta facciamo tesoro di questa intuizione e ci associamo a tale sperimentata scelta che ci sentiamo di confermare.
Il transetto assume una centralità progettuale che permette alle due nuove componenti residuali di ospitare presenze significative, sia come presenza dei concelebranti in occasione degli eventi maggiori, sia dei devoti, ma anche come stallo per la corale parrocchiale. Nel disegnare il nuovo ampliamento del presbiterio si è tenuto conto della intuita necessità di permettere rispetto alla conformazione attuale di un più comodo passaggio tra i tre citati ambiti spaziali. La soluzione progettuale è stata trovata nel raccordo barocco degli angoli della gradinata. La tipologia dello smusso è già presente nelle immediate vicinanze, essendo stata adottata sia per i gradini del Tabernacolo che per i mosaici pavimentali di inizio Novecento. Le forme dimensionali della nuova predella presbiteriale ci aiuteranno a perseguire un risultato migliore, ottenuto senza aver ridotto la larghezza del passaggio.