Storia della nostra Basilica

APPIANO GENTILE

Verso il nuovo altare


Il primo impatto con la chiesa di S. Stefano, quando ci si trova a percorrere l'antica piazza del Mercato di Appiano, è mutuato dall'imponenza della facciata, che ha una storia piuttosto interessante a partire dal fatto - in sé eclatante - che proprio in quella stessa posizione, era collocata l'antica abside poligonale della Chiesa cinquecentesca voluta da S. Carlo. 

Questo fa capire che, con l'ampliamento otto-novecentesco, la chiesa ha subito un'inversione di orientamento di 180 gradi - cosa non del tutto frequente, come si sa -. La facciata, costituita inizialmente da un semplice pronao in stile classico palladiano, ha beneficiato dell'intervento in stile eclettico nella variante neo-barocca operato dall'architetto comasco Federico Frigerio. 
Ad aumentare l'imponenza dell'edificio sacro ha contribuito, fin da subito, il dislivello del terreno e questo semplice fatto ha richiesto una complessa serie di simmetriche rampe di scale che il Frigerio, annoverato tra i primi laureati del Regio Istituto Tecnico Superiore di Milano (divenuto poi nel 1938, Il Politecnico) ha enfatizzato in maniera magistrale, rendendo ancora più imponente la sua facciata. 

Altra geniale intuizione fu quella di inserire l'appena riscoperta abside romanica, tuttora presente a sinistra dell'ingresso. Questo solo fatto - in sé davvero molto raro - è il frutto di complesse vicende anche di tipo archeologico, sviluppatesi a fine Ottocento. 
Le chiese annoverabili in questo luogo sono storicamente tre e ad esse si può aggiungere il battistero ottagonale del 1605, spostatosi dove sta oggi dalla precedente collocazione che lo vedeva presente in lato destro del vecchio sagrato. A parte la citata abside romanica, che segna la posizione dell'originaria chiesa di S. Stefano dell'XI secolo, non risulta immediata l'individuazione delle altre due chiese. 




La Chiesa di San Giovanni Battista viene associata al citato antico battistero, che in effetti compare in una planimetria del 1576 (A.S.D. di Milano, Visite Pastorali Vol. 40). 

In essa vi si riconosce la possente torre campana-ria, ormai demolita, e appunto l'accenno ad un vasto ambiente, anch'esso non più in essere, divenuto spazio libero dove passa la strada comunale e, in parte, dal cortile dell'attuale casa canonica che ha occupato l'antico sagrato. 

Alla fine dell'Ottocento risalgono i grandi lavori por-tati a compimento dall'arch. G. Battista Salvioni, il quale realizzò il deciso ampliamento verso ovest, completando a croce latina l'originale pianta a sala unica. Fu questo l'intervento risolutivo rispetto a come si presenta oggi la basilica. 
Avendo aggiunto il presbiterio e l'intero transetto, si è arrivati pressoché a raddoppiare la superficie pavimentale della chiesa. Possiamo con cognizione di causa affermare che questa fusione di spazi avvenne in maniera davvero pertinente e nel rispetto dell'ampliamento operato a fine Cinquecento dall'architetto Tibaldi. 

La navata centrale e le relative dieci cappelle furono infatti opera sua e si integrano con l’ampliamento novecentesco del Salvioni. Gli interventi effettuati tra Ottocento e Novecento hanno così completato la costituzione dello spazio dell'edificio religioso nel quale andremo ad operare nel corso di questo pro-getto che, descritte le premesse, vorrà davvero essere rispettoso della tradizione e della storia che questo luogo trasmette.

Nello studio proporzionale da noi preliminarmente effettuato sull'edificio e che riportiamo nelle tavole grafiche ad esso dedicate abbiamo evidenziato come sia l'architetto Salvioni che l'architetto Frigerio abbiano operato nell'assoluto rispetto delle proporzioni adottate dal Tibaldi, dando quindi le giuste dimensioni al transetto che alla nuova bussola-cantoria 
che ha ricostituito - quasi al centimetro - il modulo ricorrente delle campate, che al tempo corrispondevano agli odierni otto metri, perché ammontavano a poco più delle tredici 'braccia milanesi'.

Queste rispondenze ci dimostrano con certezza la sensibilità e la delicatezza nell'operare che è sempre esistita tra gli architetti che ci hanno preceduto, pur avendo operato in periodi tanto lontani nel tempo.

Per questo motivo non avremo dubbi quando ci affideremo a questa stessa modularità sia quando andremo ad inserirci con il disegno in ampliamento della superficie del presbiterio, ma anche quando individueremo la disposizione ex novo dei luoghi della liturgia.
 
Il nostro approccio ai numeri e alle proporzioni citate sono anche la conseguenza della nostra convinzione che ogni posto dell'Universo è ordinato secondo un rapporto riconducibile a importanti numeri notevoli. Il linguaggio matematico è, infatti, comune al Tutto e sempre di più ci si rende conto che si tratta di un dono di Dio che impreziosisce, pur nella generale inconsapevolezza, anche il nostro esistere contemporaneo. 

 

Esci Home