Luca 23,36-43
1. L'istituzione della festa
Oggi finisce l’Anno liturgico, che ci aiuta a vivere il tempo, a scandire opere e giorni con il Signore.
Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre, come recita la Lettera agli Ebrei,
noi invece mutiamo di giorno in giorno, di anno in anno: gli accadimenti esterni,
il nostro fisico e la nostra stessa identità che dischiude parti inedite di noi a noi stessi.
È la Festa di Cristo Re dell’Universo a sigillare il tempo liturgico:
essa fu istituita dal Papa Pio XI nel 1925 con l’enciclica “Quas primas”.
I totalitarismi, con le loro distorte visioni antropologiche, con la loro impositiva e assurda violenza,
erano in ascesa. Fu in quel momento che il pontefice alzò la voce per ribadire la regalità di Cristo,
cioè che il potere è servizio e non abuso.
Quanto vale questo ancora oggi in tempi di sinistre voci che rievocano il passato.
2. Il re appeso alla croce dona salvezza
Nella seconda lettura Paolo ci esorta ad avere gli stessi sentimenti di Gesù.
Quello predominante nel Vangelo in genere è la compassione, cioè quella capacità
di vedere e avere cura dell’altrui disagio, sofferenza, che è retaggio della nostra umanità.
Questo sentimento genera luce e non tenebra.
La compassione del Signore si fa annuncio di speranza, oltre la morte.
Al malfattore crocifisso promette sì il paradiso, ma l’accento vero cade non su questo termine
poco evocato dal Nuovo Testamento (tre volte), quanto sul “con me”.
Il cielo che ci attende non è dunque luogo di solitudine,
bensì di pienezza, di relazione esaustiva, appagante, piena con quel Gesù
che abbiamo imparato ad amare sin da piccoli,
ma che non abbiamo mai visto e con la moltitudine di uomini e donne già approdati a quel lido.
Ecco: il servizio, la compassione, lo sdegno per l’ingiustizia, l’attenzione a tutte le forme di fragilità:
questi sono i sentimenti di questo 'Re dell'universo',
che ha come trono la croce e come corona spine pungentissime
3. Cristo merita questo titolo
Non ha mai abitato le regge; una sola volta ci è andato, per essere condannato a morte.
Non ha mai fatto uso di armi o arruolato eserciti.
Non manda a morte nessuno per lui, ma muore lui per tutti.
Il primo trono è stato una greppia, l’ultimo la croce.
Da questa non ha voluto scendere, anche se poteva farlo.
E’ stato tentato dal potere, dalle mie stesse tentazioni, e ha detto no.
Ha sempre servito e mai comandato.
Ha promulgato una sola legge: amatevi.
Non ha mai ingannato nessuno: il suo parlare era sì… si; no… no.
E’ l’unico re che ha detto la verità, sempre.
Per questo è nato, per testimoniare un Dio che ama… per un martirio d’amore.
Credo in Gesù, il Maestro che conosce il sentiero della vita.
Credo nelle sue parole, tanto semplici,
che destano quanto di meglio c’è in me e mi rendono una presenza fraterna.
Credo che è meglio dare più che ricevere, perdonare più che vendicarsi,
condividere più che tesoreggiare, vivere con poco più che gozzovigliare,
seminare più che raccogliere, donarsi più che conservarsi,
avanzare più che arrestarsi, avere fiducia più che giudicare.
Credo, soprattutto, che sono davvero beati
quanti ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica, seguendo il suo esempio!