Matteo 10,5b-15
1. Per una Chiesa missionaria
E’ quello che si chiama: fierezza (o orgoglio) della propria fede.
E‘ la gioia di possedere l’unica verità che salva l’uomo,
e di cui ogni uomo ha assolutamente bisogno.
Questo orgoglio cresce nella misura della consapevolezza.
Ama chi conosce, e chi ama brucia! Se vogliamo creare della Chiesa una comunità missionaria,
non c’è che una strada: più catechesi. Se l’urgenza del nostro mondo è la nuova evangelizzazione,
non c’è che una cosa da fare: studio della Parola di Dio per esserne entusiasti,
per cogliere il nuovo e quindi sentire la gioia di portare una buona notizia!
2. “Sono venuto a portare la divisione, non la pace”
Parole così diverse dal solito che sembrano uscire da un altro libro.
Ma non ogni pace è buona, non la falsa pace che è solo equilibrio di paure,
un tessuto di compromessi, non la pace dei cimiteri o dei deserti creati dalla violenza.
Pace è parola così logorata oggi, così inflazionata, gridata contemporaneamente da violenti e da miti
piegata a tutti gli usi, al punto che significa cose diverse per ognuno.
Certo, Gesù promette la pace ai suoi,
ma, come egli stesso precisa, non la pace come la da il mondo (Gv 14,27).
Se io prego per la pace e la invoco da Dio come un dono,
so anche che Dio non interviene nel mondo a livello di effetti prodigiosi,
ma nel paese dell'anima. Interviene attraverso i suoi amici pacificati che sanno farsi pacificatori.
E difficile accettare che la parola di Gesù porti divisione. Ma non ogni divisione è cattiva.
Ogni credente è anche il custode dell’inimicizia divina
tra i figli del serpente e i figli della donna, antica quanto il bene e quanto il male.
Ogni credente è, secondo le parole del vecchio Simeone, segno di contraddizione nel mondo (Le 2,34).
Egli contraddice chi non pensa che a dominare e vincere, ad accumulare e godere;
contraddice ogni scelta per una scelta più evangelica.
E così si crea una divisione, la cui frontiera non è immobile,
ma si sposta, non coincide con i confini della Chiesa,
ma piuttosto attraversa i paesaggi del nostro cuore.
3. “Sono venuto a portare il fuoco”
Come si porta una fiaccola nella notte, dietro alla quale camminare.
Come si accende un focolare in una casa spenta, dove ritrovare il calore degli affetti.
Come si fa lampeggiare una passione, per Dio e per l'Uomo, dentro tanti rapporti freddi e misurati.
Ciò che cerca sono discepoli, come a Emmaus, dal cuore che brucia.
Ciò che rigetta sono cristiani senza fuoco che, come a Laodicea, «né caldi né freddi» (Ap 3,16).
Fede, speranza, carità non sono semplici convinzioni: o sono espressioni passionali o non sono niente.
Io non so se la fede assicuri la felicità, ma so che essa rende la vita intensa,
vibrante, appassionata, accesa, luminosa: e che cos' altro è la felicità
se non questo partecipare, nel modo più umano che abbiamo, al miracolo di esistere?
Spirito di Dio, fa' della tua Chiesa un roveto che arde di amore per gli ultimi.
Alimentane il fuoco col tuo olio, perché l'olio brucia anche.
Da' alla tua Chiesa tenerezza e coraggio. Lacrime e sorrisi. Rendila spiaggia dolcissima
per chi è solo e triste e povero. Disperdi la cenere dei suoi peccati. Fa' un rogo delle sue cupidigie.
E quando, delusa dei suoi amanti, tornerà stanca e pentita a Te, coperta di fango e di polvere
dopo tanto camminare, credile se ti chiede perdono. Non la rimproverare. Ma ungi teneramente
le membra di questa sposa di Cristo con le fragranze del tuo profumo e con l'olio di letizia.
E poi introducila, divenuta bellissima senza macchie e senza rughe, all'incontro con Lui perché possa
guardarlo negli occhi senza arrossire, e possa dirgli finalmente: "Sposo mio". (Don Tonino Bello)