Matteo 21,12-16
1. Il culto gradito a Dio nel Tempio
Ciò che accomuna le tre letture è il Tempio, che gli ebrei chiamavano “Casa della Santificazione”.
Costruito da Salomone tra il 967 e il 960 a.C. fu distrutto e ricostruito, e raso al suolo nel 70 d.C.
Oggi rimane solo un muro di contenimento, “muro occidentale”, noto come il muro del pianto.
La prima lettura (1Re 7,51-8,14) parla della consacrazione di questo Tempio da parte di Salomone,
figlio di Davide, re di tutto Israele. Dio si fa presente nel Tempio.
Lo confermerà Gesù, che è il nuovo tempio di Dio: nella relazione con lui,
strettamente connessa con quella con i fratelli e sorelle cristiani, noi rendiamo culto a Dio.
Nella seconda lettura (2 Cor 6, 14-7,1) Paolo afferma che siamo noi il “tempio del Dio vivente”
e nel dire questo trae conclusioni etiche per la vita del cristiano: nessun compromesso con il male.
C’è un passaggio che va precisato: “quale collaborazione tra credente e non credente?”.
Ai nostri orecchi suona anacronistico.
Il non credente qui non è la persona degna di rispetto per il proprio pensiero,
ma il pagano di allora che osteggiava la fede apertamente a causa degli idoli.
2. Luogo di preghiera e di misericordia
Il Vangelo di Matteo (21, 12-16) racconta delle bancarelle nel Tempio in cui si vendevano animali,
incenso e quant’altro per il culto, ma occupavano lo spazio chiamato “atrio dei gentili”,
cioè un vasto cortile aperto anche agli stranieri.
Gesù si sdegna per due motivi: anzitutto perché polemicamente i giudei
avevano ‘dimenticato’ che la casa di Dio è luogo di preghiera per tutti.
Occupando l’atrio dei gentili impedivano a questi ultimi di venire al Tempio;
in secondo luogo perché i cambiavalute (non si poteva fare offerta al tempio con l’effige di qualche
sovrano), approfittavano del cambio tenendosi una commissione tra il 2,4 e il 4,2%: una ladrata.
Gesù usa i termini degli antichi profeti Geremia (7,11) e Isaia (56,7),
che ricordano il nesso tra la pratica del culto e il rispetto per la giustizia e la legalità.
Questo vale sia per il macro mondo economico-finanziario, e il nostro micro mondo di affari.
3. La tentazione del potere e del guadagno
Per denunciare come illegittimo il commercio nel tempio Gesù rovescia le tavole dei cambiavalute,
espressione del pagamento del tributo al tempio. Il gesto di Gesù tocca un punto nevralgico:
il sistema economico del tempio, col suo enorme afflusso di denaro proveniente
da tutto il mondo conosciuto di allora, dal quale venivano i pellegrini ebrei.
Dato che la missione del tempio è stata smarrita, Gesù la richiama con forza
dicendo che la sua casa sarà chiamata casa di preghiera, mentre il desiderio di guadagno
ne ha fatto un covo di ladri e ciò porterà alla distruzione il tempio e il culto ebraico.
Subito dopo Gesù fa le opere tipiche del Messia e guarisce quanti gli si avvicinano.
Non sono solo malati. Essi simboleggiano l’intero popolo prigioniero dal legalismo farisaico,
che Gesù libera, per introdurlo nell’amore di Dio. Ovviamente, i capi giudei reagiscono,
ma Gesù risponde loro con parole di Dio e non attende la risposta.
Inutile discutere con chi parla solo per interesse e non cerca la verità.
Interroghiamoci: la casa di Dio può diventare covo di ladri e un centro di potere?
A quanto pare sì, umiliando la sua vera vocazione di essere la casa della preghiera
e della misericordia, dove si accolgono i malati e i bisognosi.
Può succedere anche oggi? Nella storia della chiesa è successo varie volte e succede anche oggi...
Se preghiamo la domenica per avere un momento di profondità e di pace (cosa lodevole), ma senza
conseguenze di vero amore per Dio e vera carità per i fratelli qualche dubbio potrebbe sorgere.
Poi qualche volta, si litiga per qualche frazioncina di potere, anche dentro la comunità.
Così la casa di Dio si crepa più o meno gravemente. Dovrebbe succedere invece che anche le pietre
del sagrato festeggiassero alla nostra uscita di chiesa, perché abbiamo un cuore nuovo