Esigenti nel bene

Parole col cuore

Parole col cuore


Se ti aspetti che un ippopotamo sia agile come una gazzella, il problema non è dell’ippopotamo ma è tuo. Di chi è la colpa?
La colpa è sempre degli altri, delle circostanze o di Dio. E ci ritroviamo a sopprimere per poi lavarcene le mani, finendo però poi a vagare tra macerie di storie e sogni crollati, cercando frustrati frutti che non arrivano mai su rami inariditi.
È più facile puntare il dito cercando un colpevole che mettere in gioco se stessi davanti a un problema chiedendosi: cosa posso fare io? È più facile “fare causa” contro qualcuno che “cercare la causa” di una situazione e capire in che modo tornare al bello, al buono, al vero.
Nella vita ci sono malignità che a volte uccidono. Ci sono momenti di aridità, di sterilità, di frustrazione in cui nulla fa frutto e vorresti strappare tutto.
Le ingiustizie degli uomini, le malvagità degli eventi, unite alle aridità del quotidiano e al logorio della fatica, non si possono evitare. Nessuno ha il tasto rewind o reset.
Dio non fa l’assicuratore né ha la forma di airbag. È piuttosto come una mamma che assaggia la medicina prima del bimbo per aiutarlo ad affrontare il boccone amaro. Dio in Gesù, sperimentando ogni male sulla sua pelle, ci insegna a passare dal dare colpe all’offrire premura.
È il momento non di devote rinunce, ma di scelte coraggiose, il tempo non di correggere il vecchio, ma di costruire il nuovo, l’opportunità non di ideali laccati, ma di azioni buone, la scelta non di un meno nello stomaco, ma di un più nel cuore.
Effettua le scelte giuste! Elevati dal ribasso del male minore. Entra nella realtà costruendo il bene maggiore “possibile”.
Essere evangelicamente esigenti è entrare dentro la propria vita e gli eventi, strappando il potere ai tiranni di turno che uccidono (Pilato), o alla rassegnazione del “cosa posso farci?!” o alla mediocrità che ingrigisce.
Il contadino è esigente, perché cerca di bilanciare attese e interventi, dare e avere, di osservare i piccoli germogli che rompono le croste dure, e quindi si mette sotto (sopportare) per condividere i pesi, tiene su (supportare) rinsaldando e fissando ciò che traballa, tira su (su-portare) chi ha mollato sentendosi schiacciato, alza il livello (portare-su) per superare andando oltre.
Convinto che il male non può avere l’ultima parola, cerca di trovare la causa del male per capire il modo del bene, così la rivoluzione della tenerezza si fa quotidianità in gesti di comprensione, di cura, di aiuto.
È il coraggio di essere esigenti del bene, nel bene, col bene.   

 

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