7 luglio 2024 - VII dopo Pentecoste

Omelie festive

Giovanni 16,33-17,3


1. “Vi ho detto questo perché abbiate pace in me”

La tribolazione è la via su cui i discepoli del Signore dovranno imparare a poggiare i piedi,
se vorranno seguire con coerenza il loro Maestro. Fede in Gesù e tribolazione
sofferta a causa del Suo nome sono due realtà che s’intrecciano nel brano evangelico.
Siamo affamati di pace, che non è frutto delle nostre azioni/convinzioni, ma da una relazione con Dio.
Scrive Agostino: "Ci hai fatti per te; e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te"
A dire il vero la nostra è una pace fatta più di pantofole che dello zaino del viandante,
più il silenzio del deserto o la penombra di una chiesa, che il traffico caotico delle nostre città.
“Occorre forse una rivoluzione di mentalità per capire che la pace non è un dato, ma una conquista.
Non un bene di consumo, ma il prodotto di un impegno.
Non un nastro di partenza, ma uno striscione di arrivo.
La pace richiede lotta, sofferenza, tenacia. Esige alti costi di incomprensione e di sacrificio.
Rifiuta la tentazione del godimento. Non tollera atteggiamenti sedentari né annulla conflittualità”
scriveva don Tonino Bello. Infatti Gesù “non è venuto a portare pace, ma guerra e divisione”.
Quando dunque Gesù dice ai suoi: “Abbiate pace in me” è perché è consapevole che stare con Lui,
diventare suo discepolo, comporta stabilire un rapporto d’amore totalizzante, che ti unifica dentro...

2. “Nel mondo avrete tribolazioni”

Entrare in un rapporto profondo con Gesù sino ad acquisire la Sua pace significa
non solo accogliere il frutto maturo della Sua resurrezione,
ma anche imparare a condividere col Lui tutto il dinamismo di sofferenza e di tribolazione
che Lo ha portato a morire per amore nostro sulla croce.
Per questo Gesù precisa ai Suoi che, stando nel mondo, non saremo preservati dalla tribolazione.
Ha detto Jean Guitton: "Quando un uomo non è perseguitato a causa delle sua fede
non è facile sapere quello in cui crede e quanto profondamente vi crede.
In realtà, quello in cui credo è ciò che accetterei di sostenere di fronte all'ironia,
al silenzio o al disprezzo di coloro che stimo. Crediamo veramente solo in quello per cui
accetteremmo, nel caso ci trovassimo nella situazione, di essere considerati idioti e soffrire".
Ci sono, infatti, momenti nella vita nei quali non è difficile disquisire sulla fede,
sul senso della fede e i suoi molteplici significati.
Ma se non giungiamo a soffrire a causa della fede in Lui
non è possibile dire di sapere, in modo obiettivo, in Chi credo veramente.
Potremo dire di credere se sapremo sostenere: l’ironia, il silenzio, il disprezzo,
sino ad essere considerati idioti e soffrire a causa di Colui in cui crediamo davvero.
E' l'ultima beatitudine: “Beati voi qdo vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni
sorta di male contro di voi per causa mia. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi”.

3. “Abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!”

Neppure ci sarà tolta la solitudine, stando dalla parte di Gesù.
Quando si entra in un rapporto così profondo con Lui non c’è mediazione che tenga.
Nessuna appartenenza o comunione in grado di consolarci umanamente.
Non è forse questa l’esperienza di Gesù abbandonato sulla croce?. Come anche scrive Pietro:
“Non meravigliatevi della persecuzione scoppiata in mezzo a voi per mettervi alla prova.
Ma, nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche
nella rivelazione della sua gloria possiate esultare. Beati voi, se venite insultati per il suo nome”.
“Donaci, o Gesù, di tenere anzitutto lo sguardo fisso su di te. Tu sei colui da cui la nostra fede deriva,
colui che la porta a perfezione, colui che ha corso nella prova prima di noi, colui che ci conduce,
che non ci lascia sbagliare cammino. Fa’ che noi ti contemplia-mo con affetto profondo
e possiamo trovare forza e gioia nel seguirti anche nelle scelte difficili” (C.M.Martini).
 

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