19 maggio 2024 - Pentecoste

Omelie festive

Giovanni 14,15-20


1. La Pentecoste cristiana

Per il popolo ebraico, ancora oggi, è la festa del dono della Legge, la Torà (i primi cinque libri
della Bibbia), ma possono dei libri, pur contenendo la Parola di Dio cambiarci il cuore?
Sì, se letti con gli occhi di Gesù e con la forza del suo Spirito.
Ecco dunque la Pentecoste cristiana, il dono dello Spirito Santo,
Spirito della verità, che ci aiuta a comprendere fino fondo
quanto Gesù e la sua parola siano luce per il nostro cammino.

2. Compito della comunità cristiana

Gli Atti degli Apostoli e la seconda lettura ci ricordano che lo Spirito non è un dono “privato”,
bensì è dato nella e per la vita della comunità.
Compito della comunità cristiana è mantenersi unita
pur nella diversità delle persone che la compongono.
Compito della comunità cristiana è annunciare il Vangelo articolando un linguaggio
che tutti possano comprendere: quello della fraternità, quello che dischiude orizzonti di speranza,
quello di chi è consapevole che il male resta un enigma, e che solo la compassione può arginare.
Compito della comunità che nasce dallo Spirito della verità,
come compagnia per vincere la solitudine dell’uomo,
è vivere un autentico servizio in essa (ministerialità) secondo i diversi doni (carismi),
che il medesimo Spirito fa a ciascuno di noi.

3. La vocazione all'amore

Sette versetti, nei quali Gesù ripropone, per sette volte, il centro del suo messaggio:
in principio e a compimento di tutto, c'è l'amore: pietra d’angolo e chiave di volta della vita viva
La legge tutta è preceduta da un “sei amato” e seguita da un “tu amerai”.
Sei amato, fondazione della legge; amerai, il suo compimento.
«Se mi amate». Gesù non detta regole, si fa mendicante d’amore rispettoso e paziente.
Non rivendica amore per sé, lo spera. Lo fa con estrema delicatezza, iniziando tutto con un “se”.
Il punto di partenza più umile, fragile, fiducioso, paziente: nessuna minaccia, nessun ricatto.
Ma amarlo è pericoloso: è parola che brucia le labbra se pronunciata male, se suona incoerente.
«Se mi amate, osserverete…» un bellissimo automatismo, radice della coerenza: solo se ami, osservi.
Che cosa? «I miei comandamenti». Non le tavole di pietra del Sinai,
ma il suo, il nuovo, l’unico, la cronaca del suo amore diventata legge:
lui che si perde dietro alla pecora perduta, dietro a pubblicani e prostitute e vedove povere,
che fa dei bambini i principi del regno, che ama per primo e in perdita.
Il secondo termine decisivo del Vangelo di oggi è una parolina, brevissima, ma esplosiva
come una mina disseminata in tutto il brano, la preposizione “in”: «voi in me e io in voi».
Dio dentro di me e io dentro Dio, innestato, immerso. E non è una vetta che non raggiungi.
Ci siamo già dentro, dobbiamo solo prenderne coscienza!
E non scappare, non fuggire dietro agende e telefonini, ma ascoltare la sua richiesta sommessa:
resta con me, rimani in me! Gusto l’immagine di me immerso “in” Dio,
tralcio della vite madre, stessa linfa, stessa vita; raggio del sole, stessa luce, stesso fuoco;
goccia d’acqua dello stesso oceano. C’è un cromosoma divino nel nostro Dna.
Per questo la nostra vita è piena di futuro. Infatti il filo d’oro sotteso al discorso sono i verbi al futuro
“pregherò, vi darò, non vi lascerò, verrò, mi vedrete, saprete, vivrete, amerò, mi manifesterò”.
Che senso di vitalità e di strade spalancate, di gemme che si schiudono e di nascite!
Abbiamo un Dio che presiede a tutte le nascite, che ci precede su tutte le strade, che irrompe dal futuro
e non dal passato. «Non vi lascerò orfani, io vivo e voi vivrete». Far vivere è la vocazione di Dio.
La prima legge di Dio è che l’uomo viva e questa è anche tutta la sua gioia
 

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