Parole col cuore
Pentecoste (“50 giorni dopo Pasqua”) corrisponde all’ebraico “Shavu’òt” (settimane): è la festa della mietitura per la raccolta delle primizie.
Gli ebrei avevano unito al sentimento della civiltà contadina l’importanza dei frutti della fede e il ringraziamento per il dono della “Torah”, la Sacra Scrittura, che se accolta come rugiada del cielo, aiuta a smuovere e coltivare il terreno arido.
Per noi cristiani è il momento in cui guardare ai frutti dei germogli della primavera di vita che è la Pasqua di Gesù. La stessa potenza che ha fatto risorgere lui, fa “risorgere” noi. È il momento di mietere i risultati di una esistenza nuova, rinnovata.
Questo è il dono dello Spirito che Gesù dà agli apostoli. Erano paurosi e si scoprono capaci di essere compresi da ciascuno nella propria lingua, cioè di affrontare il quotidiano con frutti di dialogo, premura, cura, aiuto, speranza, sostegno. Quanto vorremmo anche noi gustare un raccolto così! Questo è il dono dello Spirito che Gesù dà oggi a noi, per cogliere e gustare i frutti buoni che già abbiamo in noi.
Ci aiuta un racconto simpatico. Tre viaggiatori devono attraversare un fiume impetuoso. Uno chiede al Signore la forza necessaria. Subito gli compaiono muscoli per sfidare a nuoto la corrente. Però deve abbandonare le sue sacche a riva. A metà, preso da rimpianti e dubbi e poi dal panico, rischia di annegare.
Allora il secondo aggiunge: “Dammi forza e gli strumenti per attraversare il fiume”. Il Signore gli dà i muscoli e una canoa coi remi. La carica per non perdere nulla, ma non calcola le onde e il vento e si capotta.
Il terzo domanda al Signore forza, strumenti e l’intelligenza. E Dio lo trasforma in donna. Lei colglie delle tracce vicine, cammina lungo la riva per un po’ e scorge da lontano un ponte per raggiungere l’altra riva.
In ebraico spirito (“ruah”) è femminile: alito di vita, soffio che impollina, vento che porta pioggia. È l’aspetto generativo di Dio che è padre ma si comporta da madre, dice il Papa. Lo Spirito non ci dà ciò di cui abbiamo bisogno, ma di più: cambia noi, ci rende generativi, fertili di idee, di possibilità, di risultati.
La “felicità” sappiamo che non si trova nell'avere tutto o tanto. “Felix” in latino significa “fertile”. Questa è la forza dello Spirito, la generatività divina in noi. Questa è la Pentecoste, la festa della mietitura da cogliere.