Marco 1,7-11
1. Una fede battesimale da alimentare
Gesù apparve in Galilea quando il popolo ebreo viveva una profonda crisi religiosa.
Sentivano da molto tempo la lontananza di Dio. I cieli erano «chiusi».
Una specie di muro invisibile sembrava impedire la comunicazione di Dio con il suo popolo.
Nessuno era capace di ascoltare la sua voce. Non c’erano più profeti.
Nessuno parlava spinto dal suo Spirito. La cosa più dura era la sensazione
che Dio li avesse dimenticati. Non lo preoccupavano più i problemi d’Israele.
Perché rimaneva nascosto? Perché era così lontano?
Sicuramente molti ricordavano l’orazione ardente di un antico profeta che pregava così Dio:
«Se tu squarciassi i cieli e scendessi!».
I primi che ascoltarono il vangelo di Marco dovettero rimanere sorpresi.
Secondo il suo racconto, nell’uscire dalle acque del Giordano, dopo essere stato battezzato,
Gesù vide «squarciarsi i cieli» e sperimentò che «lo Spirito discendeva su di lui».
Finalmente era possibile l’incontro con Dio. Sulla terra camminava un uomo
pieno dello Spirito di Dio. Si chiamava Gesù e veniva da Nazareth.
2. Urge un rinnovamento pastorale
E' l’epifania, la manifestazione che in Gesù riposa la volontà del Padre,
secondo i Vangeli di Marco e Luca, che non narrano, come Matteo, l’episodio dei Magi.
Le prime due letture parlano dei “vicini” e dei “lontani”, cioè di coloro che vivono una fede
ed un’appartenenza ecclesiale esplicita e di coloro che hanno una fede vaga
ed un’appartenenza parziale o occasionale alla comunità cristiana.
In entrambi i casi si tratta di persone battezzate.
I primi è bene che continuino a prendersi cura della propria fede battesimale, senza cedimenti.
La fede va formata (catechesi), va alimentata attraverso la vita sacramentale e la preghiera,
va testimoniata nelle diverse forme di carità e prossimità.
La mancanza di uno di questi elementi la inaridisce.
3. Ravvivare lo Spirito ricevuto nel Battesimo
Questo Spirito che discende su Gesù (come è sceso su di noi) è il soffio di Dio che crea la vita,
la forza che rinnova e guarisce i viventi, l’amore che trasforma tutto.
Per questo Gesù si dedica a liberare la vita, a guarirla e a farla più umana.
I primi cristiani non vollero essere confusi con i discepoli del Battista.
Si sentivano battezzati da Gesù non con l’acqua, con il suo Spirito.
Senza questo Spirito tutto si spegne nel cristianesimo. La fiducia in Dio scompare.
La fede s’indebolisce. Gesù viene ridotto a un personaggio del passato.
Il Vangelo diventa lettera morta.
L’amore si raffredda e la Chiesa non è altro che un’istituzione religiosa in più.
Senza lo Spirito di Gesù, la libertà scompare, la gioia si spegne,
la celebrazione diventa un’abitudine, la comunione si screpola.
Senza lo Spirito la missione si dimentica, la speranza muore, le paure crescono,
la sequela di Gesù finisce per essere mediocrità religiosa.
Il nostro più grande problema è dimenticare Gesù e trascurare il suo Spirito.
È un errore pretendere di raggiungere con organizzazione, lavoro, devozioni o strategie pastorali
quello che può nascere solo dallo Spirito.
Dobbiamo tornare alla radice, ricuperare il Vangelo in tutta la sua freschezza e verità,
battezzarci con lo Spirito di Gesù.
Non dobbiamo ingannarci. Se non ci lasciamo ravvivare e ricreare da questo Spirito,
noi cristiani non abbiamo nulla d’importante da apportare alla società attuale,
così vuota d’interiorità, così incapace di amore solidale e così bisognosa di speranza!