Giovanni 1,19-27.15c.27-28
1. La profezia del 'germoglio'
Il profeta Isaia (o meglio la scuola profetica che porta il suo nome) dedicò sette capitoli
della sua lunga profezia alla figura dell’Emmanuele, il Dio con noi.
La prima lettura di oggi (Isaia 11,1-10) è tratta da lì.
Egli profetizza la nascita di un germoglio (termine divenuto ‘tecnico’ per indicare il re-messia)
da un tronco tagliato, secco. Decodificato, il testo annuncia che quando le speranze di Israele
saranno spente e con esse finita la dinastia davidica, il Signore farà sorgere
dalle radici di questa stirpe un re-messia, su cui si poserà lo Spirito divino.
Quattro coppie di sostantivi lo definiscono. Esse indicano una cosa sola:
lo Spirito di Dio comunicherà la sapienza al futuro re-messia e così sarà abilitato a governare,
rovesciando la logica della violenza e della sopraffazione, che abita uomini e animali,
instaurando un regno di giustizia e di pace.
La seconda lettura (Lettera agli Ebrei 7,14-17.22.25) identifica questo re-messia,
questo germoglio con Gesù stesso. Su di lui si posa lo Spirito del Signore.
Noi dobbiamo stare attenti, come ricorda Giovanni il Battista nel Vangelo (Giov. 1,19-27.15c.27b-28),
a dare sempre a lui il primato, accettando, con onestà intellettuale, il nostro limite,
la nostra creaturalità. E’ un invito all’autocoscienza di chi noi non siamo (Dio)
e di chi noi siamo (suoi figli amati, o, per dirla con Papa Francesco, ‘Fratelli tutti’)
2. Il testimone di Dio è già qui
Il Battista non attira l’attenzione su un Messia assente che verrà,
bensì su un Messia già in mezzo a noi e che noi non conosciamo.
La sua presenza è già fra noi, ma è da scoprire;
non tutti la vedono; perciò occorre un profeta che la additi.
È chiaro che ora tocca alla comunità cristiana sostituire il Battista
nell’additare al mondo un Cristo già presente nel mondo.
Si tratta di imparare dal Precursore il coraggio di dire “non sono io”, ossia l’onestà di presentare
Colui che è l’atteso, Colui che offre tutte le garanzie, Colui che non delude,
senza tentare il gioco pericoloso dello scambio delle parti…
Nel caso il Protagonista tardasse ad arrivare, il nostro compito è quello di alimentare, sostenere
l’attesa, purificare lo sguardo per essere in grado di riconoscerlo. Non quello di sostituirlo.
3. Ci vuole coraggio e... umiltà
I messaggeri domandarono a Giovanni chi fosse. Egli disse: “Non sono”,
mentre tutti gli uomini vogliono essere o sembrare qualcosa.
Chi riuscisse solo a raggiungere questo fondo, sarebbe giunto al cammino più prossimo, più breve,
più piano e sicuro verso la verità più alta e più profonda che si possa conseguire nel tempo.
Per questa cosa nessuno è troppo vecchio, né troppo malato, né troppo povero, né troppo ricco.
Quale valore indicibile è racchiuso in questo: “Non sono”!
Eppure nessuno vuol camminare per questa via, si giri la cosa come si vuole:
in verità noi siamo e vogliamo e vorremmo sempre essere, ognuno al di sopra dell’altro.
Da ciò provengono tutti i pianti e tutti i lamenti che ci sono.
Per questo non troviamo pace né interiormente né al di fuori.
Quest’essere niente procurerebbe invece in tutte le maniere, in tutti i luoghi,
con tutti gli uomini una pace intera, vera, essenziale, eterna;
e sarebbe la cosa più beata, più sicura e più nobile che il mondo avrebbe.