Domenica 03 dicembre 2023 • IV Domenica di Avvento (B)

Omelie festive

Marco 11,1-11


1. Quale re-messia

Il testo di Isaia (16,1-5) è molto difficile, ma proviamo a 'decifrarlo', per renderlo più comprensibile.
Il re di Moab, re vassallo di Israele, mandava ogni anno centomila agnelli e centomila arieti
a Gerusalemme, come tributo di protezione.
Dunque il profeta esorta il sovrano di Gerusalemme a proteggere i dispersi di Moab
(“nidiata dispersa”) fino all’arrivo di un re-messia mansueto e fedele.
La rilettura cristiana vede in Gesù questo re-messia inedito,
che siederà mansueto, umile su un asino, cavalcatura di pace (Marco 11,1-11).
Lo stile di Dio, inaugurato da Gesù, è quello di una regalità che si fa servizio
e non uso personale del potere.
La venuta di Gesù, quella storica dell’inizio, aveva come destinazione finale
il suo cammino di passione morte e risurrezione. Quindi ci viene detto subito
che il Gesù che viene è quello del dono di sé a tutti noi.


2. Gesù viene per tutti e per ciascuno

San Paolo, nella seconda lettura (1 Tessalonicesi 3,11-4,2) prega per noi il Signore,
affinché ci renda saldi e irreprensibili “nella santità”,
cioè diversi dai furbi e dai corrotti, perché uomini e donne di fede,
moralmente coerenti con la propria umanità e il proprio Battesimo.
La venuta di Gesù a Gerusalemme, che è per tutto il popolo, ha anche un aspetto personale,
infatti, il Signore viene per tutti, ma viene anche per ciascuno di noi,
perciò ognuno di noi deve decidere dell’accoglienza che vuole riservare al Signore.
È la provocazione a diventare credenti, a decidersi per la fede,
decisione che troppo facilmente diamo per scontata.
Mentre, dovremmo sapere bene che l’accoglienza della fede
è una realtà che deve essere rinnovata continuamente.

3. Diventare adulti nella fede

Le vicende della vita ci mettono di fronte a sempre nuove domande
e a sempre nuove provocazioni; rispondere con amore a queste nuove chiamate
significa accogliere Gesù, altrimenti facciamo solo chiacchiere.
Anche per noi la grande tentazione è quella di essere superficiali;
pensiamo agli abitanti di Gerusalemme, che in questo passo accolgono Gesù
e cinque giorni dopo gli volteranno le spalle scegliendo Barabba.
Dobbiamo scendere sempre più in profondità,
perché la tentazione della superficialità, della passività
che non cammina verso un rinnovamento costante è sempre in agguato.
Per molte persone la legge suprema della vita è quella della routine.
Si fanno sempre le stesse cose, decise una volta per sempre.
Si dimentica così che siamo chiamati a rinnovarci, a crescere nell’amore
e perciò a vedere con gli occhi del Signore gli avvenimenti della vita quotidiana.
Se questo accade, non faremo sempre le stesse cose,
ma le cose che l’amore richiede.
Comprendiamo allora che l’accoglienza di Gesù
deve continuamente rinnovarsi, ma deve anche precisarsi:
deve diventare vero amore per lui, niente di meno.
Se non c’è amore per il Signore non c’è neppure la fede vera
ed è improbabile che ci sia vero amore per il Signore.
Se questo amore c’è nasce una storia di bellezza e di salvezza che ci sorprenderà!
 

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