Giovanni 5,33-39
1. La giustizia di Dio
Nella prima lettura (Isaia 51,1-6), all’inizio e alla fine del brano
sta la giustizia di Dio, che il vero credente ricerca.
Che cos’è questa giustizia, in un mondo che appare chiaramente dominato da altro?
In ebraico giustizia indica la fedeltà alla parola data,
la fedeltà al cammino di un popolo, la ricerca del bene comune.
Dio appare come il garante di tutto questo: nonostante il decadimento di tutte le cose,
dovute al logorio dei tempi e delle stagioni che passano, la sua salvezza “durerà per sempre”.
Questa salvezza noi sappiamo è Cristo stesso, la cui seconda venuta attendiamo,
chiedendo il dono della pazienza, della perseveranza, del coraggio e della fortezza.
2. Il valore della testimonianza
Il Vangelo ci esorta a dare testimonianza, come Giovanni Battista, a questa verità (Giov 5,33-39),
per essere salvati. Sì, perché la salute, pur molto importante,
è transitoria, ma la salvezza “durerà per sempre”.
La testimonianza - ci ricorda san Paolo nella seconda lettura (2Cor 2,14-16b) -
avviene per fascino e non per costrizione o lusinga.
Più specificatamente: diffondendo il “profumo” della conoscenza di Cristo,
la cui fragranza si oppone al profumo mortifero delle opere malvage,
degli egoismi distruttivi che ammorbano l’olfatto di tutti noi.
Conoscere Cristo non è tanto frutto di studi,
quanto di sequela, di pratici esercizi di cristianesimo nella nostra vita quotidiana,
ingaggiando una lotta spirituale contro ogni forma di male
3. Il cristiano vive da figlio del Padre, come Gesù
Ascoltare il messaggio di Giovanni fa sempre bene, ci risveglia dal torpore spirituale
e ci sprona a cercare la verità, che poi è l’unico modo per andare incontro a Gesù e riconoscerlo.
Ma subito dopo, Gesù aggiunge che la testimonianza di cui egli si avvale
è ben superiore a quella pur luminosa di Giovanni, infatti è quella di Dio Padre stesso.
Il Padre dà testimonianza al Figlio, rendendolo capace di opere
che sono espressione di una potenza rivelatrice, guaritrice, illuminatrice mai vista prima.
Nella persona di Gesù il regno di Dio si fa vicino. Non dobbiamo più andare alla sua ricerca
perché chi incontra Gesù, incontra il regno di Dio
e, se abbiamo fede, diventiamo noi stessi regno di Dio.
Questo è l’obiettivo di Gesù: condividere con noi il suo essere Figlio,
portarci alla gioia mostrandoci il volto amante del Padre.
Questo è un aspetto essenziale del Cristianesimo: accogliere il dono di Dio che ci fa figli suoi.
In realtà, con una certa superficialità manteniamo un approccio moralistico alla Parola di Dio.
Ascoltiamo un passo del Vangelo e ci chiediamo subito che cosa dobbiamo fare.
È ovvio che questa domanda è legittima, ma non è la prima per importanza, ed è perfino inutile se non
è preceduta dallo stupore riconoscente per il dono ricevuto e dalla decisione di seguire il Signore.
Se queste cose mancano, non ci sarà neppure l’attuazione del che cosa dobbiamo fare,
perché ci sembrerà eccessivo, assurdo, ecc.
Essere cristiani perciò non è solo fare del bene, ma vivere di una relazione filiale,
vivere l’affidamento a Dio, fonte di gioia e sorgente di amore.
Questa è l’unica dipendenza che non imprigiona ma libera e ci rende capaci di fare il bene.
Se già il Battista ci ha indicato la via della conversione
e la necessità di ricercare la verità di Dio e il suo bene nella vita quotidiana,
ora Gesù ci dice che siamo avvolti dalla verità e dall’amore di Dio.